Dalla FIE: Escursionismo Platonico (Platonismo)

Introduzione: Idea, cammino, elevazione

L’escursionismo platonico nasce dal tentativo di tradurre gli assunti cardine del platonismo – la ricerca delle Idee pure, la distinzione tra realtà sensibile e intellegibile, la tensione dialettica tra apparenza e verità – in una pratica del camminare. Se nel pensiero di Platone la meta ultima è la contemplazione del Bene e delle Forme perfette, nella variante escursionistica questo si traduce nella ricerca di un “sentiero ideale”. Il camminatore platonico non si accontenta del semplice giro panoramico: vuole trascendere l’apparenza del bosco, del prato, della montagna, per arrivare a cogliere l’essenza immutabile che sta dietro alle forme cangianti della natura.

L’immagine chiave è quella di un itinerario che si snoda tra due dimensioni: da un lato il paesaggio concreto, con i suoi profumi, i suoni, i colori effimeri; dall’altro, la dimensione archetipica, in cui l’escursione diventa metafora della salita dell’anima verso una comprensione superiore. Chi pratica l’escursionismo platonico è un viandante-filosofo, che non cerca solo l’esperienza sensoriale, ma la usa come trampolino per lanciarsi nel mondo delle Idee.

Platonismo in pillole: il mondo delle Idee e il mondo sensibile

Testa ritraente Platone, rinvenuta nel 1925 nell’area sacra del Largo Argentina a Roma e conservata ai Musei Capitolini. Copia antica di opera creata da Silanion. L’originale, commissionato da Mitridate subito dopo la morte di Platone, fu dedicato alle Muse e collocato nell’Accademia platonica di Atene

Un breve ripasso: il platonismo si fonda sulla distinzione tra due livelli di realtà. Il primo è quello sensibile, mutevole, accessibile ai sensi, ma ingannatore. Il secondo è quello intellegibile, stabile, eterno, accessibile solo alla ragione. Nel mondo intellegibile risiedono le Forme o Idee: modelli perfetti e immutabili di cui le cose del mondo sensibile sono copie imperfette.

Applicando questa teoria all’escursionismo, potremmo dire che la foresta, la vallata, la vetta innevata che vediamo con i nostri occhi non sono che rappresentazioni imperfette di un “paesaggio ideale”. L’escursionista platonico, pur godendo del panorama, sa che dietro a quelle forme c’è un’Idea di Montagna, di Bosco, di Fiume, di Prato: una verità più profonda, invisibile, ma più reale. La sua camminata è un tentativo di avvicinarsi a questa Idea, di intuirne la forma pura, non corrotta dal divenire.

L’allegoria della caverna applicata all’escursionismo

Nella famosa allegoria della caverna, Platone descrive un gruppo di uomini incatenati che vedono solo ombre proiettate sulla parete. Uno di loro si libera, esce dalla caverna, scopre la luce del sole e la vera natura delle cose. L’escursionismo platonico può essere letto come una metafora simile: l’uomo comune, immerso nella quotidianità, vede solo le “ombre” della natura: paesaggi belli ma effimeri, condizionati dall’umore, dalla luce del giorno, dal meteo. L’escursionista platonico, invece, è colui che abbandona la caverna dell’apparenza.

Cosa significa, in pratica, “uscire dalla caverna” mentre si cammina nella natura? Vuol dire non fermarsi all’impressione superficiale di un panorama: la bellezza di un lago incastonato tra le montagne non è soltanto un insieme di forme e colori che colpiscono la retina; è anche un simbolo, una traccia visibile di un principio armonico più alto. Quando l’escursionista platonico contempla il paesaggio, cerca di coglierne l’essenza, la struttura ideale, la logica interna che lo rende coerente e significativo. In altre parole, la natura diventa un ponte verso il mondo delle Idee: la cascata non è solo acqua che cade, ma l’immagine sensibile di una “Idea di flusso” o di bellezza dinamica; la foresta non è solo un groviglio di alberi, ma il riflesso di un ordine superiore, in cui ogni pianta incarna la propria forma ideale.

L’esperienza dell’escursionismo platonico: pratica e dimensione interiore

Come si traduce tutto ciò in un’esperienza pratica? Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, l’escursionismo platonico non richiede un approccio snob o elitario. Non si tratta di rifiutare la sensorialità, anzi: per Platone, i sensi non vanno disprezzati, ma interpretati. Il corpo e i sensi sono strumenti, non ostacoli. Il segreto sta nell’usare la percezione per andare oltre il dato sensibile.

L’escursionista platonico:

  • Pianifica il percorso non solo in base alla difficoltà o alla fama della meta, ma cercando itinerari che suggeriscano un certo ordine, una certa armonia. Un sentiero che gradualmente sale, offrendo scorci sempre più ampi, può ricordare la progressione dell’anima verso la comprensione.
  • Durante la camminata, osserva con attenzione i particolari: le venature delle foglie, la disposizione dei sassi sul sentiero, l’inclinazione dei raggi del sole. Ogni dettaglio può essere letto come un segno, una lettera di un alfabeto cosmico che rimanda a una verità più grande.
  • Fa pause di contemplazione: non si limita a camminare con il solo scopo di “arrivare in vetta”, ma sosta, ascolta il silenzio, lascia che la mente si svuoti delle distrazioni per accogliere un’intuizione più profonda.
  • Integra l’esperienza sensoriale con la riflessione. Magari alla fine della giornata, seduto su un masso o su un prato, l’escursionista platonico rielabora mentalmente quanto vissuto, cercando di estrarre un “significato” dall’esperienza. Se l’escursionismo epicureo invita al godimento del momento presente e quello stoico alla resistenza, quello platonico punta alla comprensione dell’essenza, al riconoscimento di un ordine ideale.

Le virtù del camminatore platonico: la ragione come guida

Platone assegna alla ragione, all’intelletto, un ruolo guida. Nella Repubblica descrive l’anima come un carro trainato da due cavalli: uno rappresenta le passioni e i desideri bassi, l’altro l’ardore nobile, e il cocchiere è la ragione, che deve mantenere l’equilibrio. Nell’escursionismo platonico la ragione è la bussola interiore: non si limita a scegliere il percorso più logico, ma orienta il camminatore verso una lettura profonda dell’esperienza.

Questa “ragione escursionistica” non è fredda analisi, ma una forma di intelletto sensibile al bello e al giusto. È una luce interiore che permette all’escursionista di non perdersi nelle apparenze, di non farsi travolgere dai dettagli insignificanti, ma di cogliere l’insieme armonico. Non è un caso che Platone metta al vertice della sua gerarchia ontologica l’Idea del Bene: l’escursionismo platonico, in fondo, cerca un bene intellettuale, una forma di bellezza pura. Il bello, il vero e il bene, nella prospettiva platonica, coincidono: un paesaggio armonioso non è solo piacevole da vedere, è anche un segno di un ordine buono e vero, un riflesso di un principio universale.

Il “sentiero ideale”: dal concreto all’archetipo

L’archetipo del sentiero perfetto, nella mente dell’escursionista platonico, esiste da qualche parte nel mondo delle Idee. Nessun sentiero concreto lo eguaglierà mai in perfezione, ma alcuni potranno avvicinarsi più di altri. Quali caratteristiche dovrebbe avere questo sentiero ideale?

  • Armonia nel dislivello: la salita non dovrebbe essere né troppo ripida né troppo monotona, ma giustamente calibrata, quasi a suggerire una progressione graduale della conoscenza.
  • Equilibrio tra luce e ombra: non un’esposizione brutale e costante al sole, né un’ombra perenne. Il passaggio alternato tra zone luminose e penombre richiama la dialettica tra ignoranza e sapienza, tra il conosciuto e il non conosciuto.
  • Varietà nella continuità: il paesaggio varia, ma non in modo caotico. Vi è una progressione che conduce da luoghi più semplici a panorami più complessi e vasti, come se ogni tratto del cammino offrisse un gradino nella scala dell’intellegibile.
  • Presenza di elementi simbolici: una fonte d’acqua pura potrebbe rappresentare la chiarezza dell’intelletto, una roccia dalle forme geometriche la presenza di un ordine immanente, un albero solitario in cima a una radura il segno di una meta raggiungibile.

Ovviamente, nessun sentiero reale rispecchierà perfettamente questo ideale. Tuttavia, l’escursionista platonico non si scoraggia: sa che il mondo sensibile è solo un’imitazione, e accetta la sfida di cogliere, tra le imperfezioni, le tracce dell’ordine superiore.

Il ruolo della contemplazione e del dialogo

Platone era un filosofo del dialogo. Le sue opere sono scritte in forma di dialogo, e la conoscenza si raggiunge attraverso il confronto dialettico. Anche l’escursionismo platonico può includere un aspetto dialogico: i compagni di cammino non sono solo “colleghi” di escursione, ma interlocutori filosofici con cui commentare il paesaggio, riflettere sulla sua essenza, porre domande sul significato del viaggio.

In questo senso, una passeggiata platonica non è mai soltanto un monologo interiore: è un percorso comune verso l’intellegibile, una piccola Accademia itinerante. Ci si ferma a ragionare sull’idea di bosco: cos’è l’essenza del bosco? È solo un insieme di alberi o c’è una forma, un concetto di “boschetto ideale” che trascende gli esemplari particolari? Ci si chiede se la bellezza della montagna sia oggettiva o soggettiva, se esista un’Idea di Bellezza assoluta.

Questo approccio all’escursionismo, ben lontano dalla superficialità, trasforma il camminare in una vera e propria pratica filosofica, dove l’atto fisico del procedere diventa metafora del procedere dell’anima verso il sapere.

Benefici e limiti dell’escursionismo platonico

Quali sono i benefici di un simile approccio?

  • Profondità dell’esperienza: La natura non è più solo un contesto piacevole o un allenamento fisico, ma un mondo carico di significati da esplorare.
  • Crescita interiore: Sforzandosi di cogliere l’essenza dietro le apparenze, l’escursionista si esercita alla riflessione, all’attenzione, alla concentrazione.
  • Armonizzazione sensi-ragione: Non si tratta di negare i sensi, ma di utilizzarli come punto di partenza per un volo più alto della mente.

Tuttavia, ci sono anche dei limiti da considerare:

  • Astrazione eccessiva: Un eccesso di idealismo può distaccare eccessivamente dal qui e ora, rischiando di far perdere la gioia della semplice osservazione. Alla fine, anche Platone riconosceva l’importanza della mediazione tra sensibile e intellegibile.
  • Difficoltà comunicativa: Non tutti i compagni di escursione saranno disposti a intraprendere lunghe disquisizioni sulla natura dell’Idea di montagna. È necessario un contesto adatto e interlocutori interessati.

Conclusione: la natura come dialettica tra apparenza e Idea

L’escursionismo platonico invita a considerare il mondo naturale come una soglia: dietro l’apparenza c’è una realtà più alta, dietro la varietà sensibile c’è un ordine intellegibile. Camminare non è soltanto spostarsi nello spazio, ma avvicinarsi passo dopo passo a una comprensione più profonda. È un percorso di ascesa: dalle ombre del fondovalle, dove le forme sono confuse, alle vette illuminate, dove l’anima può intuire, anche solo per un istante, la perfetta Idea che sottende il creato.

In un’epoca spesso dominata dal consumo rapido di esperienze, l’escursionismo platonico offre una via diversa: un ritorno alla lentezza, alla contemplazione, alla ricerca del significato dietro l’apparenza. Non occorre essere filosofi professionisti per approcciarsi così alla montagna o al bosco; basta una certa disponibilità all’ascolto, una curiosità verso l’invisibile, la volontà di credere che ciò che vediamo non esaurisce ciò che esiste.

In definitiva, l’escursionismo platonico non è solo un modo di camminare nella natura, ma un modo di pensarla: come specchio imperfetto di una perfezione invisibile, come invito a salire la scala della conoscenza, come occasione di trasformare la passeggiata in esperienza intellettuale e spirituale, un passo alla volta.

[Immagine di copertina: L’Accademia di Platone, mosaico romano (Pompei)]

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Dalla FIE: Bruciare calorie camminando in salita: il trucco per mantenere la linea divertendosi

Camminare è da sempre uno degli sport più accessibili e salutari, ma quando l’itinerario prevede una salita, il percorso si trasforma in una vera e propria palestra naturale all’aperto. La Federazione Italiana Escursionismo è lieta di condividere con voi le evidenze scientifiche, i benefici e alcuni suggerimenti pratici per trarre il massimo vantaggio da questa attività, rendendo il cammino in salita non solo un’ottima strategia per bruciare calorie, ma anche un’esperienza piacevole e divertente. In questo articolo esploreremo come l’inclinazione del terreno, combinata con il ritmo del passo e l’ambientazione naturale, possa favorire il benessere fisico e mentale, contribuendo al mantenimento della linea in modo sostenibile e coinvolgente.

Il valore della camminata in salita

Quando ci si avventura in un percorso che prevede dislivelli, il corpo è costretto ad adattarsi a una sfida maggiore rispetto alla semplice camminata su terreno piano. L’effetto della gravità, infatti, rende ogni passo più impegnativo, attivando in maniera più intensa gruppi muscolari specifici, in particolare quelli delle gambe, dei glutei e del core. Studi recenti evidenziano come l’attività fisica in pendenza comporti un aumento significativo del dispendio energetico: il corpo brucia più calorie per compensare lo sforzo richiesto, favorendo la perdita di grasso e il miglioramento della resistenza cardiovascolare. Questa attività, se praticata regolarmente, si traduce in una maggiore efficienza metabolica e in una migliore capacità di utilizzo dell’energia, con effetti positivi sia sul benessere fisico che su quello psicologico.

Benefici fisiologici e psicologici

La camminata in salita offre benefici molteplici. Dal punto di vista fisiologico, la resistenza muscolare viene notevolmente migliorata grazie all’impegno costante di gruppi muscolari importanti. L’aumento della frequenza cardiaca durante l’ascensione stimola il sistema cardiovascolare, contribuendo a ridurre il rischio di patologie cardiache e a migliorare la circolazione sanguigna. In parallelo, il lavoro intenso dei muscoli favorisce la sintesi proteica e l’ossidazione dei grassi, rendendo la salita un vero e proprio “allenamento completo” che, se abbinato a una dieta equilibrata, può aiutare a mantenere la linea in modo efficace e duraturo.

Dal punto di vista psicologico, l’esperienza di una camminata in montagna o in collina permette di staccare la mente dalle sollecitazioni quotidiane, offrendo momenti di riflessione e rilassamento. La connessione con la natura e l’aria aperta ha infatti dimostrato di ridurre i livelli di stress e migliorare l’umore. L’esercizio fisico, inoltre, rilascia endorfine, le cosiddette “molecole della felicità”, che migliorano il senso di benessere e favoriscono una maggiore resilienza emotiva. Questo connubio tra salute fisica e mentale rende la camminata in salita un’attività ideale per chi desidera prendersi cura di sé in modo olistico.

L’aspetto scientifico: come si bruciano le calorie in salita

Il meccanismo che porta al maggior dispendio calorico durante la salita è legato all’aumento del lavoro svolto dal sistema muscolare. Durante una camminata in piano, il corpo spende energia principalmente per mantenere l’equilibrio e per far avanzare le gambe. In salita, però, la forza di gravità agisce in direzione opposta al movimento, costringendo i muscoli a lavorare in maniera più intensa per sollevare il peso del corpo. Questo aumento del lavoro muscolare determina un incremento del consumo di ossigeno, con conseguente maggiore produzione di energia e quindi un maggiore utilizzo delle riserve di grasso corporeo. Le ricerche in ambito fisiologico confermano che, per una durata e un’intensità comparabili, il camminare in salita porta a un consumo di calorie superiore rispetto alla camminata su terreno pianeggiante.

Inoltre, la variabilità dei ritmi e degli sforzi in un percorso collinare favorisce l’adattamento del metabolismo basale. Questo significa che, anche dopo l’attività, il corpo continua a bruciare calorie a un ritmo più elevato durante il periodo di recupero, un fenomeno noto come “afterburn effect”. Tale effetto contribuisce a mantenere un bilancio energetico favorevole alla perdita di grasso, rendendo la camminata in salita una strategia efficace per chi desidera tenere sotto controllo il proprio peso.

L’importanza della tecnica e della postura

Un corretto approccio alla camminata in salita è essenziale per massimizzare i benefici e ridurre il rischio di infortuni. La postura deve essere eretta, con il mento leggermente sollevato e le spalle rilassate. Il passo deve essere regolare e misurato, evitando movimenti troppo bruschi che potrebbero compromettere l’equilibrio. Durante l’ascensione, è consigliabile utilizzare le braccia in modo coordinato: una leggera oscillazione può favorire la stabilizzazione e contribuire a distribuire meglio lo sforzo. Alcuni esperti raccomandano di variare la lunghezza del passo e la velocità, adattando l’andatura al grado di pendenza e alle proprie capacità fisiche.

Per chi è alle prime armi, è importante iniziare gradualmente, magari scegliendo percorsi che combinino tratti pianeggianti e salite dolci, per abituare il corpo all’impegno fisico. Con il tempo e l’esperienza, sarà possibile affrontare tracciati più impegnativi, aumentando progressivamente la durata e l’intensità degli allenamenti. L’utilizzo di appositi dispositivi per il monitoraggio della frequenza cardiaca e del dispendio calorico può essere un valido alleato per tenere sotto controllo i progressi e per pianificare sessioni di allenamento personalizzate.

L’aspetto sociale e il piacere della condivisione

Un ulteriore vantaggio della camminata in salita è rappresentato dall’aspetto sociale dell’attività escursionistica. Molte persone trovano nella condivisione di percorsi in montagna o collinari un’opportunità per creare relazioni, fare nuove amicizie e rafforzare i legami esistenti. Le escursioni organizzate dalla Federazione Italiana Escursionismo, ad esempio, non solo offrono la possibilità di scoprire paesaggi mozzafiato e di vivere esperienze uniche, ma rappresentano anche momenti di aggregazione e confronto, dove il benessere fisico si sposa con quello emotivo e sociale.

Partecipare a uscite di gruppo può essere particolarmente motivante per chi si sente meno propenso a intraprendere da solo percorsi impegnativi. Il sostegno reciproco e l’entusiasmo dei compagni di cammino creano un ambiente positivo e stimolante, dove il raggiungimento di obiettivi comuni diventa fonte di soddisfazione e crescita personale. Questa dimensione relazionale contribuisce a rendere la camminata in salita un’esperienza completa e gratificante sotto ogni punto di vista.

Suggerimenti pratici per iniziare

Ecco alcuni consigli utili per chi desidera avvicinarsi alla camminata in salita:

  1. Preparazione fisica e stretching: Prima di iniziare l’allenamento, è fondamentale dedicare qualche minuto a esercizi di riscaldamento e stretching. Questo aiuta a prevenire infortuni e a preparare i muscoli allo sforzo.
  2. Scelta dell’abbigliamento e delle scarpe: Utilizzare abbigliamento tecnico traspirante e scarpe da trekking con una buona aderenza è essenziale per affrontare percorsi irregolari e variabili.
  3. Pianificazione del percorso: Studiate in anticipo il tracciato, valutando il grado di pendenza e la lunghezza del percorso. Iniziate con itinerari meno impegnativi e, con il tempo, aumentate gradualmente il livello di difficoltà.
  4. Idratazione e alimentazione: Portate con voi dell’acqua e piccoli snack energetici. Una corretta idratazione e un apporto calorico bilanciato sono fondamentali per mantenere le energie durante l’escursione.
  5. Monitoraggio dell’attività: Utilizzate strumenti di monitoraggio, come cardiofrequenzimetri o app per il fitness, per controllare il ritmo e il consumo calorico. Questi strumenti non solo aiutano a misurare i progressi, ma forniscono anche dati utili per personalizzare gli allenamenti futuri.

Esperienze e testimonianze

Molti escursionisti hanno sperimentato in prima persona i benefici della camminata in salita. Tra le testimonianze più frequenti, emerge la sensazione di rinvigorimento e la consapevolezza di aver compiuto un’azione positiva non solo per il proprio corpo, ma anche per la mente. Racconti di chi ha visto migliorare la propria condizione fisica, di chi ha superato ostacoli e di chi ha scoperto un nuovo modo di vivere la natura sono una costante fonte di ispirazione per tutti coloro che decidono di affrontare il sentiero. Queste esperienze, spesso condivise durante le escursioni di gruppo organizzate dalla Federazione, testimoniano come il camminare in salita rappresenti un valido strumento per conciliare benessere e piacere.

L’importanza di un approccio olistico

Non si tratta solo di bruciare calorie: la camminata in salita è un’attività che abbraccia una filosofia di vita. L’equilibrio tra sforzo fisico, rigenerazione mentale e connessione con la natura si traduce in un’esperienza globale di benessere. Affrontare una salita significa, in senso metaforico, superare le sfide quotidiane con determinazione, coltivando la resilienza e la fiducia in se stessi. In questo senso, ogni passo rappresenta un piccolo successo, un progresso verso una versione migliore di sé stessi, capace di trasformare lo sforzo in gioia e soddisfazione personale.

Conclusioni

In conclusione, il camminare in salita si configura come un’attività multifunzionale che va ben oltre il semplice atto fisico del muoversi. Grazie al suo potere di bruciare calorie, rafforzare il sistema cardiovascolare e migliorare il tono muscolare, rappresenta un alleato prezioso per chi desidera mantenersi in forma. Allo stesso tempo, il contatto diretto con la natura e il piacere della condivisione rendono l’esperienza escursionistica un momento di rinascita mentale ed emotiva. La Federazione Italiana Escursionismo vi invita a sperimentare questa pratica, a sfidare voi stessi e a scoprire che il segreto per mantenere la linea può essere un cammino, fatto di passione, determinazione e tanta, tanta gioia.

Ricordate: ogni salita è un’opportunità per crescere e per apprezzare il valore inestimabile del movimento all’aria aperta. Che siate principianti o escursionisti esperti, il sentiero vi aspetta per regalarvi nuove emozioni e per ricordarvi che il benessere si conquista un passo alla volta.

Buona camminata e… avanti tutta, verso nuove vette!

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Dalla FIE: Un’escursione in Mountain Bike dal punto di vista dell’accompagnatore.

La sveglia è presto, nonostante sia domenica e la settimana di lavoro impegnativa; controllo la mountain bike un’ultima volta prima di caricarla in macchina. Un gruppo eterogeneo di bikers mi aspetta: alcuni volti nuovi, altri volti noti, tutti con la stessa scintilla negli occhi, pronti a immergersi nella natura.

La partenza:

Il briefing iniziale è fondamentale: ripasso il percorso (che peraltro ho verificato qualche tempo fa con un altro accompagnatore), le norme di sicurezza, le previsioni meteo e rispondo alle ultime domande. Ancora una check list per tutti i partecipanti per verificare le bici. Poi, si parte. Dapprima su strada, il meno possibile, poi su una pista tagliafuoco che si inerpica nel bosco, si comincia a rompere il fiato, dagli sguardi e da poche parole scambiate cerco di capire se tutti sono in grado di arrivare in cima comodamente.

Il ritmo e le soste:

Il ritmo è cruciale: troppo veloce e qualcuno rischia di rimanere indietro, troppo lento e l’energia si disperde. Trovare l’equilibrio è un’arte. Le soste sono necessarie, il tempo di bere un sorso d’acqua, scambiare due chiacchiere, ammirare il panorama. Se posso ne approfitto per raccontare storie del luogo, curiosità sulla flora e la fauna e altre eventuali curiosità o argomenti di interesse.

La salita e la vetta:

Il percorso è un anello che partendo dalla quota delle latifoglie arriva oltre i 2000 dove ci sono solo prati e rocce, la strada è diventata pista tagliafuoco, poi carrareccia sterrata, infine single track per arrivare al punto panoramico. Qui il fiatone diventa soddisfazione per la quota raggiunta tutti insieme ad ammirare il panorama, fare qualche bella foto e rifocillarci. Un occhio all’orologio e uno ad alcune nuvole che si avvicinano indico il sentiero di ritorno, ma prima cerco di dare alcune indicazioni tecniche sulla discesa che ci aspetta.

La discesa e il ritorno:

La discesa richiede attenzione, il terreno è sconnesso, le gambe sono stanche. Mantengo alta la concentrazione, fermandomi se necessario a suggerire come fare i passaggi più tecnici, che comunque sono tutti fattibilissimi, siamo escursionisti non downhiller! L’arrivo è un momento di condivisione, si scambiano impressioni, si ride, si scherza. Il legame che si è creato durante l’escursione è tangibile. Anche una birra non ci sta male.

L’arrivo e i saluti:

Alla fine, il gruppo è stanco ma felice. I volti sono segnati dal sole e dalla fatica, ma gli occhi brillano di gioia. I saluti sono calorosi, ci si dà appuntamento alla prossima data.

L’accompagnatore:

Art. 1 – DEFINIZIONE

L’Accompagnatore di Escursionismo (AE-AEN) è un Tesserato di una Associazione affiliata che, a fronte di competenze apprese in appositi corsi formativi somministrati dalla Federazione Italiana Escursionismo, accetta di condurre in escursione Tesserati e non, assumendosi la responsabilità di offrire collaborazione, assistenza e protezione agli stessi accompagnati.

L’Accompagnatore Escursionistico (AE/AEN) opera in modo esclusivamente volontario e senza scopo di lucro, sotto la responsabilità del Presidente di Associazione con cui è Tesserato alla FIE, e non può organizzare, proporre, condurre escursioni come singolo operatore e/o operare al di fuori della propria Associazione senza l’accordo di quest’ultima.”

Questa la definizione data dal regolamento Accompagnatori Escursionistici FIE, che pone chiari limiti alle possibilità di operare come accompagnatori all’interno della FIE, ma apre anche un mondo di possibilità.

Le motivazioni per diventare Accompagnatore devono, a mio parere, partire dalla passione per l’escursionismo e dalla volontà di rendersi utili alla comunità.

La mia personale esperienza di Accompagnatore si limita alla Mountain Bike, ma le motivazioni sono le stesse e i risultati credo siano gli stessi, aver conosciuto tante persone che sono diventate nella maggior parte dei casi amici ed amiche.

L’Associazione come fulcro quindi per creare gruppi coesi con interessi comuni e dove ogni tesserato contribuisce a migliorare l’escursione, con l’accompagnatore che stimola e controlla i partecipanti.

Fabrizio Rocci
Consigliere Federale

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Dalla FIE: La gestione dei sentieri per mountain bike 

La mountain bike è uno sport che attira appassionati di tutte le età e livelli di esperienza. Tuttavia, l’aumento del numero di biker ha portato a una maggiore pressione sui sentieri, con conseguenti problemi di erosione, degrado del suolo e conflitti con altri utenti, come escursionisti e cavalieri. Problemi aggravati nel recente periodo dalla diffusione di E-MTB a pedalata assistita, a causa del maggiore peso del mezzo e di copertoni con tassellature e dimensione superiore. Per garantire la sostenibilità di questa attività e la sicurezza di tutti, è fondamentale una corretta gestione dei sentieri.

Principi fondamentali

La gestione dei sentieri per mountain bike si basa su alcuni principi fondamentali:

  • Sostenibilità: i sentieri devono essere progettati e costruiti in modo da minimizzare l’impatto ambientale e resistere all’usura causata dal passaggio delle bici.
  • Sicurezza: i sentieri devono essere sicuri per i biker, con segnaletica chiara e percorsi ben tracciati.
  • Condivisione: i sentieri devono essere condivisi con altri utenti, nel rispetto delle esigenze di ciascuno e con regole chiare per evitare conflitti.
  • Manutenzione: i sentieri devono essere regolarmente controllati e sottoposti a manutenzione per garantire la loro sicurezza e funzionalità nel tempo.

Fasi della gestione dei sentieri

La gestione dei sentieri per mountain bike si articola in diverse fasi:

  • Pianificazione: in questa fase si definiscono gli obiettivi, si individuano i percorsi più adatti, si valutano i rischi e si ottengono le autorizzazioni necessarie.
  • Progettazione: si realizza il progetto esecutivo dei sentieri, definendo il tracciato, le pendenze, le strutture e la segnaletica.
  • Costruzione: si realizzano i lavori di costruzione dei sentieri, seguendo il progetto e utilizzando materiali e tecniche appropriate.
  • Manutenzione: si effettuano controlli periodici e interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria per garantire la sicurezza e la funzionalità dei sentieri.
  • Monitoraggio: si verifica l’efficacia delle misure di gestione adottate e si apportano eventuali modifiche per migliorare la sostenibilità e la sicurezza dei sentieri.

Attenzione a costruire sentieri non autorizzati!

  1. È illegale: Chi realizza lavori di trail building su terreni privati rischia una denuncia penale e multe salate.
  2. Responsabilità: In caso di incidente, il proprietario del terreno è responsabile, anche se all’oscuro di tutto.

Come utenti dei sentieri, siamo ospiti: rispettiamo la proprietà altrui! 

Buone pratiche per i biker

Anche i biker hanno un ruolo fondamentale nella gestione dei sentieri. Ecco alcune buone pratiche da seguire:

  • Rispettare le regole e la segnaletica.
  • Non uscire dai sentieri tracciati.
  • Moderare la velocità e fare attenzione agli altri utenti.
  • Non lasciare rifiuti o altri segni del proprio passaggio.
  • Collaborare con i gestori dei sentieri e segnalare eventuali problemi.

Conclusioni

La gestione dei sentieri per mountain bike è un processo complesso che richiede la collaborazione di tutti gli attori coinvolti: gestori, biker, istituzioni e altri utenti. 

In particolare, visto l’approccio prettamente escursionistico della FIE, anche le pratiche di manutenzione ed eventualmente realizzazione di sentieri che prevedano il passaggio (esclusivo e non) di MTB, vanno finalizzate a questo scopo. Solo attraverso un impegno comune è possibile garantire la sostenibilità di questa attività sportiva e la sicurezza di tutti.

 

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Dalla FIE: Caro curioso ti scrivo (a proposito della marcia di regolarità)

Caro amico curioso,

oggi voglio parlarti della Federazione Italiana Escursionismo (FIE), un’organizzazione che si dedica con passione alla promozione delle attività escursionistiche all’aria aperta e all’ambiente. La FIE non solo si occupa di organizzare eventi e percorsi per escursionisti di ogni livello, ma ha anche una branca sportiva molto interessante: la marcia di regolarità.

La marcia di regolarità è una disciplina che unisce la bellezza dell’escursionismo con un approccio sportivo che può essere a carattere agonistico o amatoriale. Si tratta di un’attività che richiede costanza e precisione, ma che può davvero arricchire la tua esperienza di escursionista. Infatti, prestando un minimo di attenzione ai tuoi passi ed alla velocità che segui, imparerai a calcolare con maggiore facilità i tempi della tua escursione pianificando al meglio il tuo percorso e godendoti il paesaggio circostante.

Immagina di camminare in un sentiero immerso nella natura, mentre segui un ritmo costante determinato dalla tua forza e resistenza. Con la marcia di regolarità, ogni passo diventa parte di un gioco che ti sfida a mantenere un certo tempo, rendendo l’escursione non solo un momento di relax, ma anche un’opportunità per migliorare le tue abilità fisiche e mentali. Camminare con un ritmo regolare non solo ti aiuta a mantenere il controllo del tempo, ma ha anche effetti positivi su mente, respiro, cuore e anima. È un modo per connetterti con te stesso e con l’ambiente circostante, per esplorare nuovi sentieri e zone prima sconosciute.

Un marciatore di regolarità tende a vedere la propria gara come un’arte che richiede attenzione e precisione. Camminare con un’andatura regolare diventa quasi meditativo, un modo per liberare la mente dallo stress quotidiano e quando pratica l’escursionismo utilizza tutte le strategie in suo possesso per ottenere il massimo da questa esperienza. Il marciatore di regolarità apprezza l’importanza della preparazione fisica e pianifica lui stesso i propri allenamenti. Ogni uscita è un’opportunità per testare le proprie capacità, migliorare la resistenza e affinare le tecniche di cammino. La disciplina sportiva si intreccia con l’amore per la natura, creando un connubio tra il marciatore ed il proprio terreno di prova.

Infine, il marciatore di regolarità spesso condivide la sua passione con altri, creando una comunità di appassionati che si sostengono a vicenda e che si allenano in compagnia, creando piccole rivalità ma grandi amicizie. Le storie e gli aneddoti di esperienze passate diventano parte di un patrimonio collettivo, dove i racconti dei vecchi marciatori sono un rimando alle imprese passate a cui si ambisce ad emulare, arricchendo ulteriormente il legame tra gli atleti della marcia di regolarità.

In sintesi, per un marciatore di regolarità, l’escursionismo è molto più di un semplice camminare: è un viaggio alla scoperta di nuovi percorsi, un’opportunità di crescita personale fisica e mentale, un modo per ammirare la bellezza della natura con persone che condividono la propria passione.

Se ti interessasse approfondire la conoscenza, potresti ascoltare aneddoti e racconti di tanti amici marciatori, o magari guardare qualche video, se lo preferisci (l’ultimo lo abbiamo girato pochi giorni fa a Mazzano). Le loro esperienze possono ispirarti e mostrarti come la marcia di regolarità possa arricchire la tua vita, trasformando ogni escursione in un viaggio di scoperta e benessere. Potresti anche scoprire che questa disciplina può essere praticata anche da tutta la famiglia, da soli o in compagnia di amici; non ci sono limiti di età e puoi camminare in base alle tue forze. Potrai fare prove e chiedere informazioni in ognuna delle associazioni che fanno parte del circuito gare. La Federazione Italiana Escursionismo e la sua disciplina della marcia di regolarità ti offrono un modo fantastico per coniugare l’amore per la natura con l’attività fisica. Con un po’ di attenzione e pratica, potrai rendere le tue escursioni ancora più gratificanti e divertenti.

Buon cammino!

Con affetto

Il marciatore di regolarità

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Dalla FIE: Alla scoperta della biodiversità: un viaggio attraverso la vita

La natura, con le sue innumerevoli forme di vita e paesaggi, ci regala quotidianamente uno spettacolo di diversità e armonia. La biodiversità, termine che racchiude la varietà degli organismi viventi e degli ecosistemi in cui essi interagiscono, è un patrimonio inestimabile che arricchisce il nostro pianeta e garantisce il benessere degli ecosistemi, degli animali e dell’uomo. Questo post si propone di esplorare le molteplici sfaccettature della biodiversità, spiegando perché essa sia fondamentale per la vita sulla Terra, quali minacce la mettono in pericolo e quali azioni possiamo intraprendere per tutelarla.

1. Cos’è la biodiversità?

La biodiversità rappresenta l’insieme della varietà di forme di vita presenti sul nostro pianeta. Essa comprende non solo la ricchezza delle specie – dai microrganismi agli animali e alle piante – ma anche la diversità genetica all’interno di ogni specie e la complessità degli ecosistemi che caratterizzano i nostri ambienti naturali. Tale concetto si articola in tre livelli fondamentali:

  • Diversità delle specie: il numero di specie diverse che popolano un determinato territorio.
  • Diversità genetica: la varietà del patrimonio genetico all’interno di ogni specie, che consente l’adattamento agli ambienti e la resilienza delle popolazioni.
  • Diversità degli ecosistemi: la molteplicità di habitat e interazioni ecologiche che definiscono l’equilibrio degli ambienti naturali.

Questi elementi, interconnessi tra loro, formano un sistema dinamico e complesso, capace di autoregolarsi e di offrire servizi ecologici indispensabili alla vita, quali la purificazione dell’aria e dell’acqua, il mantenimento dei cicli biogeochimici e la protezione del suolo.

2. L’importanza della biodiversità per l’uomo e per l’ambiente

La biodiversità è molto più che un semplice elenco di specie: essa costituisce la base del benessere umano e della sostenibilità ambientale. In particolare:

  • Equilibrio ecologico: un’ampia varietà di specie garantisce la stabilità degli ecosistemi. Ogni organismo svolge un ruolo specifico, contribuendo a cicli naturali come la fotosintesi, la decomposizione e la fertilizzazione del suolo.
  • Servizi ecosistemici: dalla regolazione del clima alla purificazione dell’acqua, i servizi offerti dagli ecosistemi ricchi di biodiversità sono essenziali per la salute pubblica e per l’agricoltura. Questi servizi naturali rappresentano un “investimento” indispensabile per la nostra sopravvivenza.
  • Risorse per la ricerca e l’innovazione: lo studio della biodiversità ha permesso innumerevoli scoperte nel campo della medicina, dell’agricoltura e della biotecnologia. Le piante e gli animali sono stati fonte di ispirazione per lo sviluppo di nuovi farmaci e tecniche sostenibili.
  • Valore culturale e ricreativo: la diversità biologica arricchisce anche il patrimonio culturale e paesaggistico, contribuendo all’educazione ambientale e offrendo luoghi di svago e riflessione per tutti.

3. La biodiversità nei nostri territori: un patrimonio da scoprire durante le escursioni

Il territorio italiano, con la sua conformazione geologica e climatica estremamente variegata, ospita una biodiversità di rara bellezza. Dalle Alpi agli Appennini, dal mare alle colline, ogni ambiente racconta una storia unica. Le escursioni rappresentano un’opportunità privilegiata per entrare in contatto diretto con questa ricchezza naturale, osservare da vicino specie endemiche e comprendere le dinamiche degli ecosistemi locali. Durante una camminata in montagna, ad esempio, è possibile ammirare il contrasto tra prati alpini, boschi secolari e torrenti impetuosi, elementi che insieme creano habitat favorevoli a una miriade di forme di vita.

Inoltre, l’esperienza diretta in natura stimola un profondo senso di responsabilità nei confronti dell’ambiente. Attraverso l’osservazione e l’interazione con il paesaggio, gli escursionisti possono diventare veri e propri ambasciatori della biodiversità, sensibilizzando la collettività sull’importanza di comportamenti sostenibili e di pratiche di conservazione.

4. Le minacce alla biodiversità e le sfide del nostro tempo

Nonostante il valore inestimabile che essa rappresenta, la biodiversità è oggi minacciata da numerosi fattori, frutto di attività antropiche che alterano gli equilibri naturali. Tra le principali minacce troviamo:

  • Cambiamenti climatici: l’aumento delle temperature, il cambiamento dei regimi di precipitazione e gli eventi meteorologici estremi stanno alterando gli habitat naturali, spingendo molte specie ad adattarsi o a spostarsi verso nuove aree, con conseguenze imprevedibili.
  • Perdita e frammentazione degli habitat: l’urbanizzazione, l’agricoltura intensiva e la deforestazione riducono la superficie degli ecosistemi naturali, causando la frammentazione degli habitat e l’isolamento delle popolazioni animali e vegetali.
  • Inquinamento: le emissioni industriali, l’uso indiscriminato di pesticidi e la contaminazione delle acque rappresentano una minaccia costante per la salute degli ecosistemi. L’inquinamento compromette non solo la qualità dell’aria e dell’acqua, ma incide anche negativamente sui cicli naturali vitali.
  • Specie invasive: l’introduzione accidentale o volontaria di specie esotiche in nuovi territori può destabilizzare gli equilibri ecologici locali, portando alla scomparsa di specie autoctone e alla perdita della biodiversità.

Affrontare queste sfide richiede un impegno coordinato e multilivello, che coinvolga istituzioni, comunità locali, enti di ricerca e, non meno importante, ogni singolo cittadino.

5. Iniziative per la tutela della biodiversità: il ruolo della Federazione Italiana Escursionismo

La Federazione Italiana Escursionismo, da sempre promotrice del contatto consapevole con la natura, ha avviato diverse iniziative volte a sensibilizzare il pubblico sull’importanza della biodiversità e a favorire pratiche di tutela ambientale. Tra le attività intraprese si segnalano:

  • Escursioni tematiche e laboratori naturalistici: organizzare eventi sul territorio che permettano ai partecipanti di scoprire le peculiarità degli ecosistemi locali, imparando a riconoscere specie vegetali e animali e a comprendere le interazioni ecologiche.
  • Collaborazioni con enti di ricerca e istituzioni: instaurare sinergie con università, centri di ricerca e organizzazioni ambientaliste per monitorare lo stato della biodiversità e promuovere studi e progetti di conservazione.
  • Campagne di sensibilizzazione: attraverso il web, i social media e eventi pubblici, la Federazione si impegna a diffondere informazioni, consigli e buone pratiche per ridurre l’impatto negativo delle attività umane sull’ambiente.
  • Educazione ambientale nelle scuole: sviluppare programmi educativi che possano trasmettere alle nuove generazioni il valore della natura e l’importanza di un comportamento rispettoso e sostenibile verso l’ambiente.

Queste iniziative non solo contribuiscono alla conservazione della biodiversità, ma rafforzano anche il legame tra le comunità e il territorio, promuovendo uno stile di vita in sintonia con la natura.

6. Un invito alla scoperta e alla responsabilità

Ogni cammino, ogni passo sui sentieri della natura, rappresenta un’opportunità per riscoprire la ricchezza della vita e per assumersi la responsabilità di preservare quel patrimonio inestimabile. La biodiversità, infatti, non è soltanto il risultato di processi naturali millenari, ma anche la testimonianza della capacità dell’uomo di convivere e interagire con il mondo che lo circonda.

L’esperienza dell’escursionismo diventa così un potente strumento di educazione ambientale, in grado di trasformare una semplice passeggiata in un momento di riflessione e apprendimento. Ogni osservazione, ogni scoperta lungo il percorso, ci ricorda che la protezione della natura è una responsabilità condivisa, che richiede impegno, conoscenza e un profondo rispetto per la vita in tutte le sue forme.

7. Il futuro della biodiversità nelle nostre mani

In un’epoca in cui le sfide ambientali si fanno sempre più complesse, la tutela della biodiversità si configura come una priorità imprescindibile. La Federazione Italiana Escursionismo si pone al centro di questo impegno, promuovendo la conoscenza, la sensibilizzazione e la partecipazione attiva della cittadinanza. Attraverso percorsi naturalistici, iniziative educative e collaborazioni strategiche, si intende non solo preservare la varietà della vita, ma anche trasmettere il valore della natura alle future generazioni.

Il nostro invito è quindi a uscire, a camminare e a osservare con occhi nuovi il mondo che ci circonda. Solo così potremo comprendere pienamente quanto sia fondamentale la biodiversità per il benessere dell’uomo e dell’ambiente, e quanto ogni piccolo gesto possa contribuire a garantire un futuro sostenibile e ricco di vita per il nostro pianeta.

In conclusione, la biodiversità non è un concetto astratto, ma una realtà viva e pulsante che si manifesta in ogni angolo del territorio italiano. La sua tutela richiede la consapevolezza e l’impegno di ciascuno di noi: cittadini, escursionisti, educatori e amministratori. Scegliere di camminare in armonia con la natura significa intraprendere un percorso di scoperta, crescita e responsabilità verso il mondo che ci ospita. Invitiamo tutti a diventare protagonisti di questo straordinario viaggio, riscoprendo il piacere della scoperta e la forza della natura, per garantire che la ricchezza della vita continui a fiorire lungo i sentieri delle nostre montagne, colline e pianure.

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Dalla FIE: Monte Manos e Monte Carzen, le discese ardite e le risalite.

La seconda escursione del Gruppo Escursionismo Rezzato propone una uscita in Valvestino, in dettaglio  il Monte Manos e il Monte Carzen,  ubicati ad oriente del lago d’Idro, a Sud di Capovalle e a Nord della selvaggia valle di Vesta.

La partenza è dal passo del Cavallino della Fobbia (1090 m) in località Cocca Veglie, dove sorge una Colonia estiva, ricavata in una vecchia casermetta della Finanza, a vestigia di strutture fortificate durante la Grande Guerra. La guerra su questa linea durò solo pochi giorni ma sono ancora ben visibili alcune postazioni (piazzole per artiglieria, ed edifici di servizio tra cui la Polveriera).

Il giro ad anello di circa 13 Km, con una salita di 590 metri e una discesa di 570 metri, inizia per una strada militare a tornanti che si trasforma in mulattiera per condurre l’ordinata fila dei 50 camminatori attraverso un agevole sentiero fino alla vetta del Monte Manos (1517 m): un ampio panorama si mostra ai nostri occhi dai monti dell’alta valle Trompia, fino al  Blumone e all’Adamello innevati. Dopo una breve sosta e le consuete foto di rito, mentre godiamo di uno splendido paesaggio montano, un pallido sole di febbraio spunta tra le nubi rendendo questa domenica di fine febbraio ovattata.

Dalla vetta del Manos si scende per il crinale: una discesa ardita e poi una risalita verso il Monte Carzen.

Un tratto pianeggiante ci consente di riprendere fiato, la discesa ardita ha messo alla prova le personali abilità, ed è anche questo che ci richiede la montagna: attenzione e coraggio e determinazione nell’affrontare passo dopo passo il cammino.

Rilassati, si riprende a dialogare,  a ridere ad ammirare la bellezza incontaminata di questo paesaggio tipico delle Prealpi bresciane.

Giunti ai piedi della salita per il Carzen, si passa accanto a bei faggi e altrettanto bei roccoli di fattura squisita dove risalta la maestria degli abitanti del luogo dediti al lavoro con perizia, lungo il sentiero ciuffi di erica tentano di illuminare il terreno. Salendo per il ripido dorsale che porta dritto alla vetta, si attraversa una bella pineta intervallata da prati ancora ricoperti di neve, innegabile la gioia di camminare sulla neve accanto ad ellebori ancora in fiore.

Dopo la ripida salita, affrontata in silenzio per risparmiare energie e fiato con passi lenti e decisi,  il gruppo si è ricompattato sulla vetta del Monte Carzen (1556 m), segnalata da una Croce di legno.  Le nostre guide  Alessandra e Lucia attente e premurose hanno concesso un meritato momento di recupero: qualcuno è riuscito a sdraiarsi e godere del tiepido sole, e il gruppo è tornato ad essere vivace e allegro con rinnovata spensieratezza e con una buona dose di orgoglio per aver affrontato passo dopo passo una piccola sfida personale: foto di rito e sui volti spicca il sorriso di cui è riuscito, ciascuno a modo suo, a raggiungere l’agognata meta.

Dalla vetta del Carzen si ammira un mutato panorama verso i monti del Lago di Garda (Monte Spino e Pizzocolo)  e  sullo sfondo  risalta inconfondibile il Monte Baldo anch’esso innevato.

Il tragitto di rientro risulta più soft tra crinali erba e pascoli, baite, malghe  e roccoli e viene affrontato con uno spirito diverso, la meta che ci attende è un lauto pranzo al Rifugio.

Si conclude così con convivialità questa seconda escursione. Il Monte Manos  e il Monte Carzen  si sono rivelati una gradita conferma dei luoghi caratteristici delle nostre Prealpi bresciane con belle vedute e panorami sconfinati, resi ancora più evanescenti ed eterei da questa mite giornata di febbraio.

Ivana Lorandi
Gruppo Escursionistico Rezzato

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Dalla FIE: La sostenibilità nell’escursionismo, principio fondamentale

Nel corso degli ultimi anni la sostenibilità nella pratica escursionistica si è affermata come uno dei principi fondamentali per un rapporto equilibrato e responsabile tra l’uomo e la natura. L’approccio sostenibile non è più un semplice trend, bensì un impegno concreto che ogni escursionista, dall’amatore al professionista, è chiamato ad abbracciare per garantire la conservazione degli ambienti naturali e preservare la bellezza dei territori che tanto ci offrono. In questo contesto, la consapevolezza ambientale si integra in ogni fase dell’attività, a partire dalla scelta dell’equipaggiamento fino all’adozione di comportamenti quotidiani che rispettino i cicli naturali e minimizzino l’impatto ambientale. La sostenibilità, infatti, si declina non solo in una gestione oculata delle risorse, ma anche in un’educazione continua e in una diffusione di pratiche virtuose che possano essere condivise con il maggior numero di persone possibile.

Un aspetto cruciale riguarda la selezione e l’uso dell’equipaggiamento. Negli ultimi anni, il mercato outdoor ha assistito a una rivoluzione nella produzione di materiali, con un’attenzione sempre maggiore alla scelta di materiali riciclati, biodegradabili o facilmente riciclabili. Questo cambiamento non solo riduce l’impatto ambientale dei prodotti, ma incentiva anche i produttori a investire in tecnologie innovative e in processi produttivi a minor consumo energetico. La scelta di un abbigliamento tecnico, per esempio, non si limita più alla ricerca delle migliori prestazioni in termini di traspirabilità e protezione, ma include anche il rispetto per l’ambiente. Marchi e realtà aziendali che investono in certificazioni ambientali, come quelle relative all’uso di tessuti organici o a basse emissioni, rappresentano un punto di riferimento per chi desidera praticare l’escursionismo in modo responsabile.

L’adozione di comportamenti sostenibili durante le uscite è altrettanto fondamentale. L’educazione ambientale è parte integrante della preparazione pre-escursionistica e deve includere il rispetto delle regole del Leave No Trace, un insieme di principi che mirano a minimizzare l’impatto umano sul territorio. Questi principi prevedono, tra l’altro, il rispetto delle aree naturali, la gestione corretta dei rifiuti e l’adozione di comportamenti che evitino di alterare la flora e la fauna locali. Ogni escursionista, infatti, ha il dovere di preservare la natura per le generazioni future, adottando pratiche di riciclo e limitando l’uso di prodotti monouso. Questo impegno si traduce, ad esempio, nella scelta di borracce e contenitori riutilizzabili, nella riduzione dell’uso di imballaggi e nel rispetto di itinerari già esistenti, evitando di creare nuove vie che possano danneggiare gli ecosistemi.

La sensibilità verso la sostenibilità si manifesta anche nella pianificazione degli itinerari. La conoscenza approfondita del territorio e delle sue peculiarità ambientali permette agli escursionisti di scegliere percorsi che non solo garantiscano una piacevole esperienza, ma che siano anche in armonia con il contesto naturale. In molti casi, le associazioni e le federazioni di escursionismo promuovono percorsi certificati che rispettano le normative ambientali e favoriscono la tutela dei luoghi attraversati. La pianificazione accurata degli itinerari comprende anche la valutazione delle condizioni meteorologiche e l’analisi degli impatti potenziali, in modo da intervenire tempestivamente in caso di situazioni che possano mettere in pericolo sia l’uomo che l’ambiente.

La mobilità sostenibile rappresenta un ulteriore elemento di riflessione. L’accesso ai sentieri e la riduzione dell’impatto ambientale dei trasporti verso le zone di partenza degli itinerari sono aspetti che non possono essere trascurati. Incentivare l’uso dei mezzi pubblici, organizzare car pooling e, dove possibile, utilizzare biciclette o mezzi elettrici per raggiungere i punti di partenza, sono tutte soluzioni che contribuiscono a ridurre l’impronta ecologica complessiva dell’escursionismo. Queste pratiche si inseriscono in un più ampio progetto di mobilità sostenibile, che guarda alla riduzione delle emissioni inquinanti e alla promozione di uno stile di vita più salutare e rispettoso dell’ambiente.

Un altro tema di grande attualità riguarda la gestione dei rifiuti lungo i percorsi escursionistici. L’accumulo di rifiuti, sia da parte dei visitatori occasionali sia da attività più intense, rappresenta una minaccia per la conservazione dei territori naturali. Per contrastare questo fenomeno, molte aree protette e parchi nazionali hanno introdotto sistemi di raccolta differenziata e campagne di sensibilizzazione rivolte a turisti ed escursionisti. L’educazione ambientale, infatti, passa anche dalla diffusione di messaggi chiari e incisivi che invitino a comportamenti virtuosi, come la raccolta dei rifiuti e l’uso consapevole delle risorse naturali. In questo senso, il ruolo degli operatori del settore e delle istituzioni è fondamentale, in quanto possono promuovere progetti di pulizia, manutenzione e valorizzazione degli itinerari, coinvolgendo attivamente le comunità locali.

La collaborazione tra enti pubblici, associazioni e aziende private rappresenta uno degli strumenti più efficaci per promuovere la sostenibilità nell’escursionismo. Iniziative congiunte di monitoraggio ambientale, ricerca e conservazione dei territori, così come progetti di riforestazione e recupero di aree degradate, dimostrano come la sinergia tra pubblico e privato possa portare a risultati concreti e duraturi. Queste collaborazioni favoriscono anche lo scambio di conoscenze e competenze, creando una rete virtuosa in cui ogni attore è consapevole del proprio ruolo nella tutela dell’ambiente. Il coinvolgimento attivo della comunità escursionistica in progetti di questo tipo contribuisce a rafforzare il senso di appartenenza e la responsabilità condivisa, elementi indispensabili per una gestione efficace e sostenibile delle risorse naturali.

Sul fronte della ricerca e dell’innovazione, il settore dell’outdoor continua a evolversi in chiave sostenibile, integrando tecnologie all’avanguardia che permettono di monitorare l’impatto ambientale delle attività umane. Strumenti digitali, app dedicate e sistemi di geolocalizzazione contribuiscono a raccogliere dati utili per la gestione dei percorsi e per la pianificazione di interventi mirati. Queste tecnologie, combinate con l’esperienza degli escursionisti e degli operatori del settore, rappresentano un potente strumento per la conservazione degli ecosistemi e per la promozione di pratiche escursionistiche rispettose dell’ambiente. L’uso di sensori e di piattaforme digitali consente inoltre di creare mappe interattive che segnalano aree particolarmente sensibili, invitando a una fruizione responsabile e a una maggiore consapevolezza del territorio.

Infine, non si può trascurare l’aspetto formativo e culturale legato alla sostenibilità. Ogni uscita in montagna rappresenta un’opportunità per imparare e trasmettere valori, che si riflettono nella cura per l’ambiente e nella valorizzazione del patrimonio naturale. Corsi, workshop e seminari dedicati alla gestione sostenibile degli spazi naturali sono strumenti preziosi per diffondere conoscenze e per formare nuove generazioni di escursionisti consapevoli. La passione per la natura, unita a un approccio responsabile, si traduce in un modello di fruizione che va ben oltre il semplice atto del camminare, diventando un vero e proprio stile di vita orientato alla protezione e alla valorizzazione dell’ambiente. Questo impegno, costante e condiviso, è ciò che permette di garantire che i sentieri e i paesaggi naturali possano essere goduti in tutta sicurezza e bellezza, oggi e in futuro.

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Dalla FIE: I primi passi nella fotografia di natura: attrezzatura base e impostazioni fondamentali

Il mondo della fotografia naturalistica rappresenta un universo affascinante e complesso, in cui la passione per la natura si intreccia con la ricerca di tecniche sempre più raffinate per catturare immagini uniche e cariche di emozione. Nei primi passi in questo ambito, è fondamentale imparare a conoscere l’attrezzatura base e a padroneggiare le impostazioni fondamentali della fotocamera, elementi che costituiranno il punto di partenza per ogni fotografo che desidera trasformare l’osservazione della realtà in opere d’arte visiva. Inizialmente, è importante selezionare una fotocamera che offra un buon equilibrio tra funzionalità, facilità d’uso e qualità dell’immagine: per chi si avvicina al genere naturalistico, una reflex digitale o una mirrorless di fascia media rappresentano scelte ideali, in quanto permettono di sperimentare diverse modalità di scatto, di gestire manualmente i parametri e di ottenere risultati eccellenti anche in condizioni di luce variabile. Una buona fotocamera, infatti, deve essere accompagnata da obiettivi versatili, capaci di coprire una gamma di focali che spazia dal grandangolo, indispensabile per catturare ampi paesaggi, al medio teleobiettivo, utile per isolare dettagli e soggetti distanti. L’obiettivo non è solamente uno strumento tecnico, ma un vero e proprio compagno di viaggio che, insieme alla fotocamera, consente di interpretare e raccontare la realtà in modo originale e personale.

La scelta dell’attrezzatura di base si estende oltre alla fotocamera e agli obiettivi: anche il treppiede riveste un ruolo cruciale, specialmente in situazioni di luce scarsa o in soggetti che richiedono tempi di esposizione prolungati. Un treppiede robusto, stabile ma anche leggero, permette di sperimentare tecniche di scatto come la fotografia a lunga esposizione, in grado di catturare il movimento delle acque, delle nuvole o degli elementi naturali in un modo quasi pittorico. Accanto al treppiede, un kit di accessori indispensabili comprende scatti remoti, filtri ND e polarizzatori che consentono di gestire in maniera creativa le condizioni di luce e i riflessi, migliorando il contrasto e saturando i colori in maniera naturale. Questi strumenti, seppur elementari, sono la base per apprendere come manipolare la luce e dare all’immagine quel tocco in più che la trasforma da semplice rappresentazione a vera opera d’arte.

Un altro aspetto fondamentale nei primi passi della fotografia di natura riguarda la comprensione e la gestione delle impostazioni della fotocamera. La conoscenza del rapporto tra apertura, tempo di esposizione e sensibilità ISO è indispensabile per ottenere l’effetto desiderato in ogni scatto. L’apertura del diaframma, misurata in f-stop, controlla la quantità di luce che raggiunge il sensore e, allo stesso tempo, determina la profondità di campo: un’apertura ampia (numero f basso) permette di isolare il soggetto dallo sfondo, creando un piacevole effetto di sfocatura, mentre un’apertura ridotta (numero f alto) garantisce una maggiore nitidezza dell’intera scena, ideale per paesaggi vasti e ricchi di dettagli. Il tempo di esposizione, invece, è fondamentale per gestire il movimento e la luce: tempi brevi congelano l’azione, mentre tempi lunghi possono creare effetti di scia che rendono l’immagine dinamica e suggestiva. Infine, la sensibilità ISO, che va regolata in funzione delle condizioni di luce, permette di trovare un equilibrio tra luminosità e qualità dell’immagine, evitando il rumore digitale che può compromettere la resa finale della fotografia. Questi parametri, una volta compresi e sperimentati, diventano strumenti di espressione artistica e consentono di interpretare la realtà con consapevolezza tecnica e creatività.

Un ulteriore elemento da considerare riguarda la gestione del colore e del bilanciamento del bianco, aspetti essenziali per riprodurre fedelmente le tonalità naturali e garantire una resa cromatica realistica. La scelta della modalità di bilanciamento del bianco, che può essere automatica o personalizzata, permette di adattare il settaggio della fotocamera alle specifiche condizioni di illuminazione, sia che si tratti della luce calda del tramonto, della luce fredda dell’alba o di ambienti ombreggiati. La post-produzione, sebbene non debba essere considerata una fase obbligata, offre ulteriori possibilità di ottimizzazione dell’immagine: piccole regolazioni sui livelli, saturazione e contrasto possono fare la differenza tra una foto semplicemente buona e un’immagine che racconta una storia. È importante, tuttavia, utilizzare questi strumenti con moderazione e in modo coerente, mantenendo la naturalezza della scena e rispettando l’atmosfera originaria del momento catturato.

Il percorso formativo di un fotografo naturalista passa anche attraverso la sperimentazione sul campo: ogni escursione, ogni passeggiata nei boschi, ogni visita a un parco naturale rappresenta un’opportunità per mettere in pratica le conoscenze acquisite e per affinare il proprio occhio fotografico. Osservare attentamente il comportamento della luce, studiare la composizione e la disposizione degli elementi naturali, cercare angolazioni insolite e giocare con le ombre e i riflessi sono tutte tecniche che, con il tempo, diventeranno parte integrante del proprio stile personale. La pazienza e la costanza sono virtù imprescindibili in questo percorso, in quanto la natura sa regalare momenti di inaspettata bellezza che, se colti al volo, possono trasformarsi in immagini memorabili. L’esperienza sul campo non solo arricchisce il bagaglio tecnico, ma insegna anche il rispetto per l’ambiente e per le regole che lo tutelano, un aspetto fondamentale per chi si immerge nel mondo della fotografia naturalistica.

Per chi si avvicina per la prima volta a questo genere di fotografia, è consigliabile iniziare con soggetti semplici e scenari che offrano condizioni di luce relativamente stabili, per poi passare gradualmente a situazioni più complesse e variabili. L’uso della modalità manuale, sebbene inizialmente possa sembrare intimidatorio, diventa presto uno strumento indispensabile per imparare a controllare ogni aspetto tecnico della fotografia. Con il tempo, si acquisirà la capacità di interpretare le condizioni ambientali e di reagire prontamente, adattando le impostazioni della fotocamera alle esigenze del momento. La sperimentazione, accompagnata da una costante analisi dei risultati ottenuti e da una sana curiosità per le nuove tecnologie, permette di crescere non solo come tecnico, ma anche come artista, in grado di raccontare storie e emozioni attraverso le immagini.

Un ulteriore elemento di grande importanza è la familiarità con il funzionamento dei comandi e delle modalità offerte dalla propria attrezzatura. Numerosi modelli di fotocamere dispongono infatti di funzioni avanzate che, se utilizzate correttamente, possono facilitare notevolmente il lavoro del fotografo. Dalla modalità “bracketing” per ottenere esposizioni multiple alla funzione di messa a fuoco manuale assistita, ogni strumento offre opportunità uniche per migliorare la qualità dell’immagine e per risolvere eventuali criticità in situazioni particolari. È fondamentale, quindi, dedicare tempo all’apprendimento e alla pratica, sperimentando diverse configurazioni e analizzando i risultati per capire quale combinazione di impostazioni renda al meglio nelle diverse condizioni di scatto. Tale approccio, seppur richieda impegno e dedizione, rappresenta un investimento prezioso che ripagherà in termini di competenza e soddisfazione personale.

In definitiva, i primi passi nella fotografia naturalistica costituiscono un percorso di scoperta e crescita, in cui la conoscenza dell’attrezzatura base e la padronanza delle impostazioni fondamentali giocano un ruolo determinante. L’equilibrio tra tecnica e sensibilità artistica, unito alla capacità di osservare e interpretare il mondo naturale, permette di trasformare ogni escursione in un’esperienza visiva e emotiva, capace di raccontare la bellezza e la complessità della natura. La strada da percorrere è lunga e richiede costanza, ma ogni sfida superata si traduce in immagini che, oltre a essere testimonianze del proprio percorso, diventano un contributo prezioso al patrimonio visivo e culturale della nostra società. La passione per la fotografia, quando coltivata con impegno e rispetto per l’ambiente, diventa uno strumento di comunicazione universale, capace di superare barriere linguistiche e culturali, invitando chi osserva a riflettere sul valore della natura e sul bisogno di preservarla. In questo senso, ogni fotografo naturalista non è solo un artista, ma anche un ambasciatore della bellezza naturale, un narratore che con ogni scatto invita a una maggiore consapevolezza e a un profondo rispetto per il mondo che ci circonda.

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