Dalla FIE: Escursionismo Platonico (Platonismo)

Introduzione: Idea, cammino, elevazione

L’escursionismo platonico nasce dal tentativo di tradurre gli assunti cardine del platonismo – la ricerca delle Idee pure, la distinzione tra realtà sensibile e intellegibile, la tensione dialettica tra apparenza e verità – in una pratica del camminare. Se nel pensiero di Platone la meta ultima è la contemplazione del Bene e delle Forme perfette, nella variante escursionistica questo si traduce nella ricerca di un “sentiero ideale”. Il camminatore platonico non si accontenta del semplice giro panoramico: vuole trascendere l’apparenza del bosco, del prato, della montagna, per arrivare a cogliere l’essenza immutabile che sta dietro alle forme cangianti della natura.

L’immagine chiave è quella di un itinerario che si snoda tra due dimensioni: da un lato il paesaggio concreto, con i suoi profumi, i suoni, i colori effimeri; dall’altro, la dimensione archetipica, in cui l’escursione diventa metafora della salita dell’anima verso una comprensione superiore. Chi pratica l’escursionismo platonico è un viandante-filosofo, che non cerca solo l’esperienza sensoriale, ma la usa come trampolino per lanciarsi nel mondo delle Idee.

Platonismo in pillole: il mondo delle Idee e il mondo sensibile

Testa ritraente Platone, rinvenuta nel 1925 nell’area sacra del Largo Argentina a Roma e conservata ai Musei Capitolini. Copia antica di opera creata da Silanion. L’originale, commissionato da Mitridate subito dopo la morte di Platone, fu dedicato alle Muse e collocato nell’Accademia platonica di Atene

Un breve ripasso: il platonismo si fonda sulla distinzione tra due livelli di realtà. Il primo è quello sensibile, mutevole, accessibile ai sensi, ma ingannatore. Il secondo è quello intellegibile, stabile, eterno, accessibile solo alla ragione. Nel mondo intellegibile risiedono le Forme o Idee: modelli perfetti e immutabili di cui le cose del mondo sensibile sono copie imperfette.

Applicando questa teoria all’escursionismo, potremmo dire che la foresta, la vallata, la vetta innevata che vediamo con i nostri occhi non sono che rappresentazioni imperfette di un “paesaggio ideale”. L’escursionista platonico, pur godendo del panorama, sa che dietro a quelle forme c’è un’Idea di Montagna, di Bosco, di Fiume, di Prato: una verità più profonda, invisibile, ma più reale. La sua camminata è un tentativo di avvicinarsi a questa Idea, di intuirne la forma pura, non corrotta dal divenire.

L’allegoria della caverna applicata all’escursionismo

Nella famosa allegoria della caverna, Platone descrive un gruppo di uomini incatenati che vedono solo ombre proiettate sulla parete. Uno di loro si libera, esce dalla caverna, scopre la luce del sole e la vera natura delle cose. L’escursionismo platonico può essere letto come una metafora simile: l’uomo comune, immerso nella quotidianità, vede solo le “ombre” della natura: paesaggi belli ma effimeri, condizionati dall’umore, dalla luce del giorno, dal meteo. L’escursionista platonico, invece, è colui che abbandona la caverna dell’apparenza.

Cosa significa, in pratica, “uscire dalla caverna” mentre si cammina nella natura? Vuol dire non fermarsi all’impressione superficiale di un panorama: la bellezza di un lago incastonato tra le montagne non è soltanto un insieme di forme e colori che colpiscono la retina; è anche un simbolo, una traccia visibile di un principio armonico più alto. Quando l’escursionista platonico contempla il paesaggio, cerca di coglierne l’essenza, la struttura ideale, la logica interna che lo rende coerente e significativo. In altre parole, la natura diventa un ponte verso il mondo delle Idee: la cascata non è solo acqua che cade, ma l’immagine sensibile di una “Idea di flusso” o di bellezza dinamica; la foresta non è solo un groviglio di alberi, ma il riflesso di un ordine superiore, in cui ogni pianta incarna la propria forma ideale.

L’esperienza dell’escursionismo platonico: pratica e dimensione interiore

Come si traduce tutto ciò in un’esperienza pratica? Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, l’escursionismo platonico non richiede un approccio snob o elitario. Non si tratta di rifiutare la sensorialità, anzi: per Platone, i sensi non vanno disprezzati, ma interpretati. Il corpo e i sensi sono strumenti, non ostacoli. Il segreto sta nell’usare la percezione per andare oltre il dato sensibile.

L’escursionista platonico:

  • Pianifica il percorso non solo in base alla difficoltà o alla fama della meta, ma cercando itinerari che suggeriscano un certo ordine, una certa armonia. Un sentiero che gradualmente sale, offrendo scorci sempre più ampi, può ricordare la progressione dell’anima verso la comprensione.
  • Durante la camminata, osserva con attenzione i particolari: le venature delle foglie, la disposizione dei sassi sul sentiero, l’inclinazione dei raggi del sole. Ogni dettaglio può essere letto come un segno, una lettera di un alfabeto cosmico che rimanda a una verità più grande.
  • Fa pause di contemplazione: non si limita a camminare con il solo scopo di “arrivare in vetta”, ma sosta, ascolta il silenzio, lascia che la mente si svuoti delle distrazioni per accogliere un’intuizione più profonda.
  • Integra l’esperienza sensoriale con la riflessione. Magari alla fine della giornata, seduto su un masso o su un prato, l’escursionista platonico rielabora mentalmente quanto vissuto, cercando di estrarre un “significato” dall’esperienza. Se l’escursionismo epicureo invita al godimento del momento presente e quello stoico alla resistenza, quello platonico punta alla comprensione dell’essenza, al riconoscimento di un ordine ideale.

Le virtù del camminatore platonico: la ragione come guida

Platone assegna alla ragione, all’intelletto, un ruolo guida. Nella Repubblica descrive l’anima come un carro trainato da due cavalli: uno rappresenta le passioni e i desideri bassi, l’altro l’ardore nobile, e il cocchiere è la ragione, che deve mantenere l’equilibrio. Nell’escursionismo platonico la ragione è la bussola interiore: non si limita a scegliere il percorso più logico, ma orienta il camminatore verso una lettura profonda dell’esperienza.

Questa “ragione escursionistica” non è fredda analisi, ma una forma di intelletto sensibile al bello e al giusto. È una luce interiore che permette all’escursionista di non perdersi nelle apparenze, di non farsi travolgere dai dettagli insignificanti, ma di cogliere l’insieme armonico. Non è un caso che Platone metta al vertice della sua gerarchia ontologica l’Idea del Bene: l’escursionismo platonico, in fondo, cerca un bene intellettuale, una forma di bellezza pura. Il bello, il vero e il bene, nella prospettiva platonica, coincidono: un paesaggio armonioso non è solo piacevole da vedere, è anche un segno di un ordine buono e vero, un riflesso di un principio universale.

Il “sentiero ideale”: dal concreto all’archetipo

L’archetipo del sentiero perfetto, nella mente dell’escursionista platonico, esiste da qualche parte nel mondo delle Idee. Nessun sentiero concreto lo eguaglierà mai in perfezione, ma alcuni potranno avvicinarsi più di altri. Quali caratteristiche dovrebbe avere questo sentiero ideale?

  • Armonia nel dislivello: la salita non dovrebbe essere né troppo ripida né troppo monotona, ma giustamente calibrata, quasi a suggerire una progressione graduale della conoscenza.
  • Equilibrio tra luce e ombra: non un’esposizione brutale e costante al sole, né un’ombra perenne. Il passaggio alternato tra zone luminose e penombre richiama la dialettica tra ignoranza e sapienza, tra il conosciuto e il non conosciuto.
  • Varietà nella continuità: il paesaggio varia, ma non in modo caotico. Vi è una progressione che conduce da luoghi più semplici a panorami più complessi e vasti, come se ogni tratto del cammino offrisse un gradino nella scala dell’intellegibile.
  • Presenza di elementi simbolici: una fonte d’acqua pura potrebbe rappresentare la chiarezza dell’intelletto, una roccia dalle forme geometriche la presenza di un ordine immanente, un albero solitario in cima a una radura il segno di una meta raggiungibile.

Ovviamente, nessun sentiero reale rispecchierà perfettamente questo ideale. Tuttavia, l’escursionista platonico non si scoraggia: sa che il mondo sensibile è solo un’imitazione, e accetta la sfida di cogliere, tra le imperfezioni, le tracce dell’ordine superiore.

Il ruolo della contemplazione e del dialogo

Platone era un filosofo del dialogo. Le sue opere sono scritte in forma di dialogo, e la conoscenza si raggiunge attraverso il confronto dialettico. Anche l’escursionismo platonico può includere un aspetto dialogico: i compagni di cammino non sono solo “colleghi” di escursione, ma interlocutori filosofici con cui commentare il paesaggio, riflettere sulla sua essenza, porre domande sul significato del viaggio.

In questo senso, una passeggiata platonica non è mai soltanto un monologo interiore: è un percorso comune verso l’intellegibile, una piccola Accademia itinerante. Ci si ferma a ragionare sull’idea di bosco: cos’è l’essenza del bosco? È solo un insieme di alberi o c’è una forma, un concetto di “boschetto ideale” che trascende gli esemplari particolari? Ci si chiede se la bellezza della montagna sia oggettiva o soggettiva, se esista un’Idea di Bellezza assoluta.

Questo approccio all’escursionismo, ben lontano dalla superficialità, trasforma il camminare in una vera e propria pratica filosofica, dove l’atto fisico del procedere diventa metafora del procedere dell’anima verso il sapere.

Benefici e limiti dell’escursionismo platonico

Quali sono i benefici di un simile approccio?

  • Profondità dell’esperienza: La natura non è più solo un contesto piacevole o un allenamento fisico, ma un mondo carico di significati da esplorare.
  • Crescita interiore: Sforzandosi di cogliere l’essenza dietro le apparenze, l’escursionista si esercita alla riflessione, all’attenzione, alla concentrazione.
  • Armonizzazione sensi-ragione: Non si tratta di negare i sensi, ma di utilizzarli come punto di partenza per un volo più alto della mente.

Tuttavia, ci sono anche dei limiti da considerare:

  • Astrazione eccessiva: Un eccesso di idealismo può distaccare eccessivamente dal qui e ora, rischiando di far perdere la gioia della semplice osservazione. Alla fine, anche Platone riconosceva l’importanza della mediazione tra sensibile e intellegibile.
  • Difficoltà comunicativa: Non tutti i compagni di escursione saranno disposti a intraprendere lunghe disquisizioni sulla natura dell’Idea di montagna. È necessario un contesto adatto e interlocutori interessati.

Conclusione: la natura come dialettica tra apparenza e Idea

L’escursionismo platonico invita a considerare il mondo naturale come una soglia: dietro l’apparenza c’è una realtà più alta, dietro la varietà sensibile c’è un ordine intellegibile. Camminare non è soltanto spostarsi nello spazio, ma avvicinarsi passo dopo passo a una comprensione più profonda. È un percorso di ascesa: dalle ombre del fondovalle, dove le forme sono confuse, alle vette illuminate, dove l’anima può intuire, anche solo per un istante, la perfetta Idea che sottende il creato.

In un’epoca spesso dominata dal consumo rapido di esperienze, l’escursionismo platonico offre una via diversa: un ritorno alla lentezza, alla contemplazione, alla ricerca del significato dietro l’apparenza. Non occorre essere filosofi professionisti per approcciarsi così alla montagna o al bosco; basta una certa disponibilità all’ascolto, una curiosità verso l’invisibile, la volontà di credere che ciò che vediamo non esaurisce ciò che esiste.

In definitiva, l’escursionismo platonico non è solo un modo di camminare nella natura, ma un modo di pensarla: come specchio imperfetto di una perfezione invisibile, come invito a salire la scala della conoscenza, come occasione di trasformare la passeggiata in esperienza intellettuale e spirituale, un passo alla volta.

[Immagine di copertina: L’Accademia di Platone, mosaico romano (Pompei)]

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Dalla FIE: Bruciare calorie camminando in salita: il trucco per mantenere la linea divertendosi

Camminare è da sempre uno degli sport più accessibili e salutari, ma quando l’itinerario prevede una salita, il percorso si trasforma in una vera e propria palestra naturale all’aperto. La Federazione Italiana Escursionismo è lieta di condividere con voi le evidenze scientifiche, i benefici e alcuni suggerimenti pratici per trarre il massimo vantaggio da questa attività, rendendo il cammino in salita non solo un’ottima strategia per bruciare calorie, ma anche un’esperienza piacevole e divertente. In questo articolo esploreremo come l’inclinazione del terreno, combinata con il ritmo del passo e l’ambientazione naturale, possa favorire il benessere fisico e mentale, contribuendo al mantenimento della linea in modo sostenibile e coinvolgente.

Il valore della camminata in salita

Quando ci si avventura in un percorso che prevede dislivelli, il corpo è costretto ad adattarsi a una sfida maggiore rispetto alla semplice camminata su terreno piano. L’effetto della gravità, infatti, rende ogni passo più impegnativo, attivando in maniera più intensa gruppi muscolari specifici, in particolare quelli delle gambe, dei glutei e del core. Studi recenti evidenziano come l’attività fisica in pendenza comporti un aumento significativo del dispendio energetico: il corpo brucia più calorie per compensare lo sforzo richiesto, favorendo la perdita di grasso e il miglioramento della resistenza cardiovascolare. Questa attività, se praticata regolarmente, si traduce in una maggiore efficienza metabolica e in una migliore capacità di utilizzo dell’energia, con effetti positivi sia sul benessere fisico che su quello psicologico.

Benefici fisiologici e psicologici

La camminata in salita offre benefici molteplici. Dal punto di vista fisiologico, la resistenza muscolare viene notevolmente migliorata grazie all’impegno costante di gruppi muscolari importanti. L’aumento della frequenza cardiaca durante l’ascensione stimola il sistema cardiovascolare, contribuendo a ridurre il rischio di patologie cardiache e a migliorare la circolazione sanguigna. In parallelo, il lavoro intenso dei muscoli favorisce la sintesi proteica e l’ossidazione dei grassi, rendendo la salita un vero e proprio “allenamento completo” che, se abbinato a una dieta equilibrata, può aiutare a mantenere la linea in modo efficace e duraturo.

Dal punto di vista psicologico, l’esperienza di una camminata in montagna o in collina permette di staccare la mente dalle sollecitazioni quotidiane, offrendo momenti di riflessione e rilassamento. La connessione con la natura e l’aria aperta ha infatti dimostrato di ridurre i livelli di stress e migliorare l’umore. L’esercizio fisico, inoltre, rilascia endorfine, le cosiddette “molecole della felicità”, che migliorano il senso di benessere e favoriscono una maggiore resilienza emotiva. Questo connubio tra salute fisica e mentale rende la camminata in salita un’attività ideale per chi desidera prendersi cura di sé in modo olistico.

L’aspetto scientifico: come si bruciano le calorie in salita

Il meccanismo che porta al maggior dispendio calorico durante la salita è legato all’aumento del lavoro svolto dal sistema muscolare. Durante una camminata in piano, il corpo spende energia principalmente per mantenere l’equilibrio e per far avanzare le gambe. In salita, però, la forza di gravità agisce in direzione opposta al movimento, costringendo i muscoli a lavorare in maniera più intensa per sollevare il peso del corpo. Questo aumento del lavoro muscolare determina un incremento del consumo di ossigeno, con conseguente maggiore produzione di energia e quindi un maggiore utilizzo delle riserve di grasso corporeo. Le ricerche in ambito fisiologico confermano che, per una durata e un’intensità comparabili, il camminare in salita porta a un consumo di calorie superiore rispetto alla camminata su terreno pianeggiante.

Inoltre, la variabilità dei ritmi e degli sforzi in un percorso collinare favorisce l’adattamento del metabolismo basale. Questo significa che, anche dopo l’attività, il corpo continua a bruciare calorie a un ritmo più elevato durante il periodo di recupero, un fenomeno noto come “afterburn effect”. Tale effetto contribuisce a mantenere un bilancio energetico favorevole alla perdita di grasso, rendendo la camminata in salita una strategia efficace per chi desidera tenere sotto controllo il proprio peso.

L’importanza della tecnica e della postura

Un corretto approccio alla camminata in salita è essenziale per massimizzare i benefici e ridurre il rischio di infortuni. La postura deve essere eretta, con il mento leggermente sollevato e le spalle rilassate. Il passo deve essere regolare e misurato, evitando movimenti troppo bruschi che potrebbero compromettere l’equilibrio. Durante l’ascensione, è consigliabile utilizzare le braccia in modo coordinato: una leggera oscillazione può favorire la stabilizzazione e contribuire a distribuire meglio lo sforzo. Alcuni esperti raccomandano di variare la lunghezza del passo e la velocità, adattando l’andatura al grado di pendenza e alle proprie capacità fisiche.

Per chi è alle prime armi, è importante iniziare gradualmente, magari scegliendo percorsi che combinino tratti pianeggianti e salite dolci, per abituare il corpo all’impegno fisico. Con il tempo e l’esperienza, sarà possibile affrontare tracciati più impegnativi, aumentando progressivamente la durata e l’intensità degli allenamenti. L’utilizzo di appositi dispositivi per il monitoraggio della frequenza cardiaca e del dispendio calorico può essere un valido alleato per tenere sotto controllo i progressi e per pianificare sessioni di allenamento personalizzate.

L’aspetto sociale e il piacere della condivisione

Un ulteriore vantaggio della camminata in salita è rappresentato dall’aspetto sociale dell’attività escursionistica. Molte persone trovano nella condivisione di percorsi in montagna o collinari un’opportunità per creare relazioni, fare nuove amicizie e rafforzare i legami esistenti. Le escursioni organizzate dalla Federazione Italiana Escursionismo, ad esempio, non solo offrono la possibilità di scoprire paesaggi mozzafiato e di vivere esperienze uniche, ma rappresentano anche momenti di aggregazione e confronto, dove il benessere fisico si sposa con quello emotivo e sociale.

Partecipare a uscite di gruppo può essere particolarmente motivante per chi si sente meno propenso a intraprendere da solo percorsi impegnativi. Il sostegno reciproco e l’entusiasmo dei compagni di cammino creano un ambiente positivo e stimolante, dove il raggiungimento di obiettivi comuni diventa fonte di soddisfazione e crescita personale. Questa dimensione relazionale contribuisce a rendere la camminata in salita un’esperienza completa e gratificante sotto ogni punto di vista.

Suggerimenti pratici per iniziare

Ecco alcuni consigli utili per chi desidera avvicinarsi alla camminata in salita:

  1. Preparazione fisica e stretching: Prima di iniziare l’allenamento, è fondamentale dedicare qualche minuto a esercizi di riscaldamento e stretching. Questo aiuta a prevenire infortuni e a preparare i muscoli allo sforzo.
  2. Scelta dell’abbigliamento e delle scarpe: Utilizzare abbigliamento tecnico traspirante e scarpe da trekking con una buona aderenza è essenziale per affrontare percorsi irregolari e variabili.
  3. Pianificazione del percorso: Studiate in anticipo il tracciato, valutando il grado di pendenza e la lunghezza del percorso. Iniziate con itinerari meno impegnativi e, con il tempo, aumentate gradualmente il livello di difficoltà.
  4. Idratazione e alimentazione: Portate con voi dell’acqua e piccoli snack energetici. Una corretta idratazione e un apporto calorico bilanciato sono fondamentali per mantenere le energie durante l’escursione.
  5. Monitoraggio dell’attività: Utilizzate strumenti di monitoraggio, come cardiofrequenzimetri o app per il fitness, per controllare il ritmo e il consumo calorico. Questi strumenti non solo aiutano a misurare i progressi, ma forniscono anche dati utili per personalizzare gli allenamenti futuri.

Esperienze e testimonianze

Molti escursionisti hanno sperimentato in prima persona i benefici della camminata in salita. Tra le testimonianze più frequenti, emerge la sensazione di rinvigorimento e la consapevolezza di aver compiuto un’azione positiva non solo per il proprio corpo, ma anche per la mente. Racconti di chi ha visto migliorare la propria condizione fisica, di chi ha superato ostacoli e di chi ha scoperto un nuovo modo di vivere la natura sono una costante fonte di ispirazione per tutti coloro che decidono di affrontare il sentiero. Queste esperienze, spesso condivise durante le escursioni di gruppo organizzate dalla Federazione, testimoniano come il camminare in salita rappresenti un valido strumento per conciliare benessere e piacere.

L’importanza di un approccio olistico

Non si tratta solo di bruciare calorie: la camminata in salita è un’attività che abbraccia una filosofia di vita. L’equilibrio tra sforzo fisico, rigenerazione mentale e connessione con la natura si traduce in un’esperienza globale di benessere. Affrontare una salita significa, in senso metaforico, superare le sfide quotidiane con determinazione, coltivando la resilienza e la fiducia in se stessi. In questo senso, ogni passo rappresenta un piccolo successo, un progresso verso una versione migliore di sé stessi, capace di trasformare lo sforzo in gioia e soddisfazione personale.

Conclusioni

In conclusione, il camminare in salita si configura come un’attività multifunzionale che va ben oltre il semplice atto fisico del muoversi. Grazie al suo potere di bruciare calorie, rafforzare il sistema cardiovascolare e migliorare il tono muscolare, rappresenta un alleato prezioso per chi desidera mantenersi in forma. Allo stesso tempo, il contatto diretto con la natura e il piacere della condivisione rendono l’esperienza escursionistica un momento di rinascita mentale ed emotiva. La Federazione Italiana Escursionismo vi invita a sperimentare questa pratica, a sfidare voi stessi e a scoprire che il segreto per mantenere la linea può essere un cammino, fatto di passione, determinazione e tanta, tanta gioia.

Ricordate: ogni salita è un’opportunità per crescere e per apprezzare il valore inestimabile del movimento all’aria aperta. Che siate principianti o escursionisti esperti, il sentiero vi aspetta per regalarvi nuove emozioni e per ricordarvi che il benessere si conquista un passo alla volta.

Buona camminata e… avanti tutta, verso nuove vette!

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Dalla FIE: Un’escursione in Mountain Bike dal punto di vista dell’accompagnatore.

La sveglia è presto, nonostante sia domenica e la settimana di lavoro impegnativa; controllo la mountain bike un’ultima volta prima di caricarla in macchina. Un gruppo eterogeneo di bikers mi aspetta: alcuni volti nuovi, altri volti noti, tutti con la stessa scintilla negli occhi, pronti a immergersi nella natura.

La partenza:

Il briefing iniziale è fondamentale: ripasso il percorso (che peraltro ho verificato qualche tempo fa con un altro accompagnatore), le norme di sicurezza, le previsioni meteo e rispondo alle ultime domande. Ancora una check list per tutti i partecipanti per verificare le bici. Poi, si parte. Dapprima su strada, il meno possibile, poi su una pista tagliafuoco che si inerpica nel bosco, si comincia a rompere il fiato, dagli sguardi e da poche parole scambiate cerco di capire se tutti sono in grado di arrivare in cima comodamente.

Il ritmo e le soste:

Il ritmo è cruciale: troppo veloce e qualcuno rischia di rimanere indietro, troppo lento e l’energia si disperde. Trovare l’equilibrio è un’arte. Le soste sono necessarie, il tempo di bere un sorso d’acqua, scambiare due chiacchiere, ammirare il panorama. Se posso ne approfitto per raccontare storie del luogo, curiosità sulla flora e la fauna e altre eventuali curiosità o argomenti di interesse.

La salita e la vetta:

Il percorso è un anello che partendo dalla quota delle latifoglie arriva oltre i 2000 dove ci sono solo prati e rocce, la strada è diventata pista tagliafuoco, poi carrareccia sterrata, infine single track per arrivare al punto panoramico. Qui il fiatone diventa soddisfazione per la quota raggiunta tutti insieme ad ammirare il panorama, fare qualche bella foto e rifocillarci. Un occhio all’orologio e uno ad alcune nuvole che si avvicinano indico il sentiero di ritorno, ma prima cerco di dare alcune indicazioni tecniche sulla discesa che ci aspetta.

La discesa e il ritorno:

La discesa richiede attenzione, il terreno è sconnesso, le gambe sono stanche. Mantengo alta la concentrazione, fermandomi se necessario a suggerire come fare i passaggi più tecnici, che comunque sono tutti fattibilissimi, siamo escursionisti non downhiller! L’arrivo è un momento di condivisione, si scambiano impressioni, si ride, si scherza. Il legame che si è creato durante l’escursione è tangibile. Anche una birra non ci sta male.

L’arrivo e i saluti:

Alla fine, il gruppo è stanco ma felice. I volti sono segnati dal sole e dalla fatica, ma gli occhi brillano di gioia. I saluti sono calorosi, ci si dà appuntamento alla prossima data.

L’accompagnatore:

Art. 1 – DEFINIZIONE

L’Accompagnatore di Escursionismo (AE-AEN) è un Tesserato di una Associazione affiliata che, a fronte di competenze apprese in appositi corsi formativi somministrati dalla Federazione Italiana Escursionismo, accetta di condurre in escursione Tesserati e non, assumendosi la responsabilità di offrire collaborazione, assistenza e protezione agli stessi accompagnati.

L’Accompagnatore Escursionistico (AE/AEN) opera in modo esclusivamente volontario e senza scopo di lucro, sotto la responsabilità del Presidente di Associazione con cui è Tesserato alla FIE, e non può organizzare, proporre, condurre escursioni come singolo operatore e/o operare al di fuori della propria Associazione senza l’accordo di quest’ultima.”

Questa la definizione data dal regolamento Accompagnatori Escursionistici FIE, che pone chiari limiti alle possibilità di operare come accompagnatori all’interno della FIE, ma apre anche un mondo di possibilità.

Le motivazioni per diventare Accompagnatore devono, a mio parere, partire dalla passione per l’escursionismo e dalla volontà di rendersi utili alla comunità.

La mia personale esperienza di Accompagnatore si limita alla Mountain Bike, ma le motivazioni sono le stesse e i risultati credo siano gli stessi, aver conosciuto tante persone che sono diventate nella maggior parte dei casi amici ed amiche.

L’Associazione come fulcro quindi per creare gruppi coesi con interessi comuni e dove ogni tesserato contribuisce a migliorare l’escursione, con l’accompagnatore che stimola e controlla i partecipanti.

Fabrizio Rocci
Consigliere Federale

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