Dalla FIE: Muschio, licheni e funghi lungo i sentieri: piccole meraviglie da osservare da vicino

Muschio, licheni e funghi rappresentano un microcosmo di biodiversità che spesso passa inosservato sotto gli occhi degli escursionisti più distratti. Eppure, basta avvicinarsi un po’ di più al sottobosco, fermarsi qualche istante ad ammirare la corteccia di un albero, o sollevare con delicatezza una piccola pietra per scoprire un universo ricco di forme, colori e strategie di sopravvivenza sorprendenti. Questa moltitudine di organismi, tanto modesti in apparenza quanto fondamentali per l’equilibrio degli ecosistemi, costituisce un indicatore della salute dell’ambiente e un’occasione per chiunque desideri approfondire la conoscenza della natura in modo diretto e appassionante.

Osservare il muschio lungo i sentieri significa imbattersi in un tappeto verde o talvolta di un verde-giallo tenue, che spesso ricopre il terreno umido, le rocce o i tronchi. Non si tratta di un’unica specie, bensì di un insieme di gruppi vegetali non vascolari (briofite) che condividono esigenze di vita similari, come l’elevata umidità e la necessità di zone ombreggiate. In effetti, i muschi sono privi di radici vere e proprie: possiedono invece strutture chiamate rizoidi, che servono per ancorarsi al substrato piuttosto che per assorbire nutrienti in senso tradizionale. L’idratazione e le sostanze nutritive vengono assorbite direttamente dalle foglioline grazie alla pioggia, alla rugiada o all’umidità presente nell’aria. Per questa ragione, quando l’ambiente diventa secco, i muschi possono ridurre le loro attività vitali, entrando in una sorta di quiescenza. È sorprendente notare come, dopo il passaggio di un temporale o di una semplice pioggerella, tornino rapidamente al loro consueto aspetto morbido e rigoglioso.

I licheni, dal canto loro, rappresentano uno dei più affascinanti esempi di simbiosi presenti in natura. Non si tratta di semplici “macchie” grigie o verdastre sulle rocce, bensì del risultato dell’associazione tra un fungo e un organismo fotosintetico (un’alga o un cianobatterio). La parte fungina si occupa di fornire una struttura protettiva, in grado di trattenere l’umidità e di difendere il partner fotosintetico da condizioni climatiche avverse, mentre l’alga o il cianobatterio produce zuccheri tramite la fotosintesi, condividendoli con il fungo. È una relazione straordinariamente efficiente, tanto che i licheni riescono a colonizzare habitat estremi dove altre forme di vita avrebbero serie difficoltà a sopravvivere: rocce nude in alta montagna, suoli poveri di sostanze nutritive, persino pietre vicine a ghiacciai. Osservandoli lungo i sentieri, è interessante notare come i licheni possano assumere forme morfologiche molto diverse: dai “crostosi” aderenti saldamente al substrato, ai “fogliosi” che sembrano piccole lamine sovrapposte, fino agli esemplari “fruticosi”, che assumono forme più complesse e tridimensionali. La colorazione è un altro aspetto affascinante: dal grigio, al verde chiaro, all’arancione brillante, al giallo ocra. Alcuni licheni “indicatori” di inquinamento o di elevata qualità dell’aria offrono inoltre preziose informazioni sulla salubrità dell’ambiente. La loro presenza o assenza in un dato bosco, o in prossimità di un centro abitato, può rivelare dati significativi sulla concentrazione di sostanze nocive in atmosfera.

Passando ai funghi, chi cammina nel bosco è spesso attratto dalle specie più conosciute, come porcini, finferli o ovoli. Tuttavia, il mondo fungino è ben più vasto e articolato, comprendendo microrganismi di dimensioni microscopiche fino a funghi macroscopici dai colori sgargianti e dalle forme veramente insolite. Biologicamente, i funghi non sono né piante né animali, ma costituiscono un regno a sé stante, caratterizzato dall’assenza di clorofilla e dalla capacità di nutrirsi grazie a sostanze organiche già esistenti nell’ambiente. Molti funghi sono saprofiti: decompongono i residui vegetali e animali, svolgendo un ruolo fondamentale nel riciclo dei nutrienti. Altri intrattengono rapporti di simbiosi con le piante superiori, nello specifico con le radici degli alberi (il fenomeno della micorriza): in cambio di zuccheri prodotti dalla pianta, il fungo favorisce l’assorbimento di acqua e sali minerali dal suolo, incrementando così la salute e la crescita dell’albero stesso. Esistono anche funghi parassiti, che possono causare gravi malattie alle piante o ad altri organismi, e funghi che convivono con i licheni, come abbiamo visto in precedenza.

Nei boschi italiani, i funghi rivestono un’importanza storica e culturale non indifferente, tanto da avere un posto di rilievo nelle tradizioni gastronomiche di molte regioni. Tuttavia, va ricordato che l’attività di raccolta dovrebbe sempre essere svolta con estrema attenzione e consapevolezza. Ogni anno, si registrano incidenti o intossicazioni causate dall’imprudenza o dalla scarsa conoscenza micologica. Per l’escursionista più interessato all’aspetto naturalistico, invece, non è necessario raccogliere funghi: bastano una lente d’ingrandimento e un buon testo di riferimento per apprezzarne la struttura, i particolari colorati del cappello o le lamelle, l’anello e la volva, i filamenti miceliari che si allargano nel suolo. Un’osservazione attenta consente di scoprire un’incredibile varietà di forme riproduttive, dai corpi fruttiferi globosi alle numerose varietà di “mazze di tamburo”, dalle piccole coppe gelatinose ai rametti corallini di alcuni funghi lignicoli che adornano vecchi tronchi in decomposizione.

Entrando più a fondo nell’interazione ecologica, ci si accorge che muschi, licheni e funghi sono tutti e tre ottimi indicatori ambientali. I muschi, per la loro necessità di luoghi umidi e puliti, sono in grado di accumulare metalli pesanti o inquinanti atmosferici; i licheni, come accennato, sono tra i primi a patire le variazioni della qualità dell’aria a causa della loro estrema sensibilità a sostanze come l’anidride solforosa; i funghi, dal canto loro, risentono sia dell’acidificazione del suolo, sia della presenza di sostanze chimiche derivanti dall’agricoltura o dall’industria. Di conseguenza, un bosco ricco di queste tre categorie di organismi è generalmente un bosco in buona salute, con un suolo bilanciato e un microclima idoneo a sostenere l’intera catena alimentare. Allo stesso modo, un loro impoverimento o la comparsa di specie alloctone invasive possono rappresentare un campanello d’allarme per un ecosistema sotto stress.

Dal punto di vista dell’esperienza escursionistica, la scoperta di questi organismi può trasformare una semplice passeggiata in un’avventura scientifica. È sufficiente rallentare il passo e orientare lo sguardo verso i dettagli: il manto muschioso che avvolge un sasso vicino a un ruscelletto, la macchia colorata di licheni che decora la corteccia di un faggio centenario, o ancora la sagoma di un fungo che spunta dal tappeto di foglie morte all’ombra di un abete. Ciò che inizialmente sembra ripetitivo e monotono, con un po’ di osservazione diventa vario e sorprendente: si notano sfumature di colori, si percepiscono differenze di consistenza al tatto, si individuano infinite nicchie ecologiche dove altre forme di vita (piccoli invertebrati, larve, insetti) trovano rifugio e nutrimento. Il tatto, infatti, è uno strumento importantissimo per la conoscenza: sfiorando le piccole foglioline di muschio si avverte la loro elasticità, e si comprende la capacità di trattenere l’acqua; sfiorando un lichene crostoso si percepisce invece una superficie ruvida, quasi calcarea, mentre un lichene fruticoso può apparire filiforme o ramificato, fragile al tatto se manca l’umidità necessaria.

Le stagioni giocano un ruolo fondamentale nell’osservazione di questi organismi. L’autunno è notoriamente la stagione d’oro per i funghi, soprattutto dopo le prime piogge e con temperature non ancora rigide. In questo periodo, molte specie fruttificano in maniera abbondante e regalano all’escursionista coloratissimi spettacoli tra il tappeto di foglie secche. I muschi, invece, riescono a mantenersi verdi in gran parte dell’anno, ma vivono momenti di rinascita intensa quando l’umidità aumenta, che sia in primavera o in autunno, o persino nei periodi piovosi dell’estate. I licheni non hanno una vera e propria stagione prediletta: la loro vita è molto lenta e soggetta principalmente alla disponibilità di acqua. Alcune specie possono vivere decenni o addirittura secoli, crescendo di pochi millimetri l’anno. Questo ritmo rallentato li rende dei veri e propri archivi biologici, capaci di “raccontare” i cambiamenti climatici e ambientali che si susseguono nel corso del tempo.

Un consiglio per chi voglia approfondire lo studio sul campo consiste nel munirsi di una piccola guida tascabile dedicata alle briofite, ai licheni e ai funghi comuni delle regioni che si intende visitare. Esistono ottimi testi e app per smartphone in grado di fornire una prima identificazione delle specie sulla base di fotografie e di alcune caratteristiche distintive. Tuttavia, va sempre ricordato che un riconoscimento certo, soprattutto per i funghi, richiede spesso l’analisi di dettagli morfologici non visibili a occhio nudo, e in certi casi persino l’uso di strumentazioni da laboratorio. Per quanto riguarda i muschi e i licheni, la distinzione tra specie simili può risultare ancora più complessa, dal momento che i caratteri differenzianti si situano in organi microscopici o nella struttura dell’apparato riproduttivo. Questo non deve, però, scoraggiare l’interesse dell’appassionato. Anche senza arrivare a identificazioni precise, è possibile sviluppare un approccio “naturalistico” che favorisca la meraviglia, la curiosità e il rispetto per questi organismi. Ogni osservazione, ogni fotografia o annotazione diventa un tassello per comprendere meglio l’equilibrio della vita nel bosco.

Dal punto di vista della conservazione, occorre sottolineare che muschi e licheni, essendo di crescita molto lenta, sono particolarmente vulnerabili al calpestio e all’impatto antropico. Se ci si imbatte in un tappeto di muschio, è preferibile rimanere sul sentiero tracciato, evitando di schiacciarlo o di prelevarne porzioni per scopi ornamentali o curiosità personale. I licheni, similmente, impiegano anni per sviluppare la morfologia che vediamo a occhio nudo; staccarne frammenti dalle rocce o dai tronchi significa infliggere un grave danno all’ecosistema, che ci mette molto tempo a rigenerarsi. Nel caso dei funghi, infine, prelevare esemplari fuori dai limiti consentiti o senza conoscenza di base può rivelarsi non solo dannoso per l’ambiente, ma anche potenzialmente pericoloso per la salute umana. È sempre consigliabile documentarsi sulla normativa locale e, se si desidera raccogliere funghi per il consumo, seguire corsi autorizzati o affidarsi a esperti micologi, ricordando che i corpi fruttiferi sono soltanto la parte esterna di un vasto reticolo di ife che si estende nel terreno e instaura relazioni cruciali con il resto della comunità biologica.

Per chi ama la fotografia, muschi, licheni e funghi costituiscono soggetti ricchi di fascino. Le dimensioni ridotte e i particolari minuti invitano all’uso di macroobiettivi e di tecniche che valorizzano i contrasti di colore e texture. Scattare una foto a un gruppo di funghi bianchi avvolti da un tappeto di muschio verde brillante, oppure immortalare il tenue riflesso di un lichene aranciato su una roccia umida, può dare risultati di grande impatto estetico. Inoltre, dall’analisi delle fotografie si possono successivamente scoprire dettagli invisibili a occhio nudo durante l’escursione, come piccolissime spore, forme geometriche dei talli lichenici o goccioline di acqua intrappolate tra le ife fungine. Documentare con cura e sistematicità l’avvistamento di queste piccole meraviglie può anche trasformarsi in una forma di citizen science: inviando le proprie osservazioni a enti di ricerca o a progetti di mappatura del territorio, si contribuisce alla conoscenza collettiva dello stato di salute degli ecosistemi.

Ecco che, alla luce di tutte queste considerazioni, si comprende come muschio, licheni e funghi non siano semplici organismi “secondari” nei boschi o lungo i sentieri, bensì veri protagonisti di un intricato mosaico di relazioni e processi ecologici. La loro osservazione diretta consente di andare oltre il paesaggio d’insieme, immergendosi nella piccola scala della biodiversità, dove spesso si celano i segreti più antichi ed evolutivamente affascinanti. Saper riconoscere anche solo i gruppi più comuni, rispettarne l’habitat e coglierne la straordinaria capacità di adattamento diventa un modo per avvicinarsi in maniera consapevole alla natura, comprendendo che la bellezza del bosco sta sia nei suoi panorami imponenti, sia nei dettagli minuscoli che ne impreziosiscono il sottobosco. L’esperienza dell’escursionista, quindi, si arricchisce di un nuovo livello di profondità: dal sentiero più battuto fino alle zone meno frequentate, basta un occhio attento per ritrovare, nel manto muschioso e nelle forme imprevedibili dei licheni e dei funghi, le tracce viventi di un’evoluzione millenaria. Il contatto diretto con questi organismi ci ricorda che la natura non è solo un palcoscenico su cui muoverci, ma un insieme interconnesso di vite che cooperano e competono, si sostengono e si trasformano in un continuo ciclo di nascita, crescita, decomposizione e rinascita. In definitiva, è proprio questa consapevolezza a rendere l’escursione un’esperienza non soltanto fisica, ma anche intellettuale ed emotiva, stimolando curiosità e meraviglia di fronte alle sfumature infinite della vita.

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Dalla FIE: Cos’è il cambiamento climatico? Le basi per comprendere un fenomeno globale

Di fronte all’umanità si staglia un fenomeno tanto complesso quanto imprescindibile da comprendere a fondo: il cambiamento climatico. Si tratta di un processo di alterazione delle condizioni medie del clima terrestre, il cui impatto si estende ben oltre le mere variazioni meteorologiche quotidiane. Alla base, si assiste a un accumulo di gas serra nell’atmosfera, in particolare anidride carbonica, metano e ossidi di azoto, i cui livelli sono cresciuti drasticamente a partire dalla rivoluzione industriale. Questi gas trattengono il calore solare, provocando un graduale aumento della temperatura globale, fenomeno che ha conseguenze dirette e indirette su ecosistemi, biodiversità, risorse idriche, agricoltura e salute umana. L’analisi di questo fenomeno ci porta a considerare non solo le cause naturali e cicliche che da sempre hanno caratterizzato il clima terrestre, ma soprattutto l’impatto delle attività antropiche, come la combustione di combustibili fossili, la deforestazione e l’urbanizzazione crescente, che hanno modificato il delicato equilibrio del sistema climatico.

Il riscaldamento globale, infatti, non è un concetto astratto: si traduce in un incremento delle temperature medie, una maggiore frequenza di eventi estremi e una progressiva destabilizzazione degli ecosistemi. I ghiacciai si ritirano, il livello dei mari si innalza, e le stagioni, una volta ben definite, diventano sempre più incerte. Questi mutamenti creano un circolo vizioso che incide sulla disponibilità di acqua dolce, alterando i cicli naturali e mettendo in crisi intere comunità. Il cambiamento climatico, pertanto, non è solo un tema ambientale, ma anche socio-economico, in quanto determina la migrazione di popolazioni, l’insorgere di conflitti per le risorse e una generale instabilità che interessa l’intero pianeta.

Comprendere il cambiamento climatico richiede un approccio multidisciplinare, in cui scienza, tecnologia e politiche pubbliche si intrecciano per fornire spiegazioni e soluzioni concrete. Le ricerche scientifiche, basate su dati storici e modelli previsionali, ci permettono di identificare trend preoccupanti: si osserva infatti come il riscaldamento globale abbia accelerato fenomeni naturali come l’innalzamento del livello del mare, con conseguenze devastanti per le aree costiere, e come le anomalie termiche influenzino i regimi pluviometrici, portando a periodi di siccità prolungata o a precipitazioni intense e improvvise. La fusione di dati satellitari, rilevazioni in situ e modelli matematici consente di elaborare scenari futuri che, seppur incerti, indicano la necessità di interventi tempestivi per mitigare le conseguenze più gravi di questo fenomeno.

Un aspetto fondamentale per comprendere il cambiamento climatico riguarda il concetto di gas serra. Questi composti, pur essendo presenti naturalmente nell’atmosfera, vedono il loro effetto amplificato dall’attività umana. Il meccanismo del “effetto serra” è un processo per cui la radiazione solare viene parzialmente trattenuta, riscaldando l’atmosfera e la superficie terrestre. Questo fenomeno, che in condizioni naturali garantiva il mantenimento di temperature idonee alla vita, oggi si trasforma in un problema quando le concentrazioni di gas serra superano livelli critici, creando uno squilibrio energetico nel sistema Terra. La comprensione di questi meccanismi è essenziale non solo per la comunità scientifica, ma anche per cittadini e responsabili delle politiche ambientali, i quali devono fare scelte informate per limitare l’impatto delle proprie azioni sull’ambiente.

Parallelamente all’analisi dei processi fisici e chimici, è importante esaminare le implicazioni sociali ed economiche del cambiamento climatico. Le attività produttive, l’agricoltura e il settore energetico sono chiamati a ripensare modelli di sviluppo tradizionali per adeguarsi a una realtà in rapido mutamento. La transizione verso fonti di energia rinnovabile, l’adozione di pratiche di economia circolare e il sostegno a tecnologie innovative rappresentano elementi chiave in un percorso di adattamento e mitigazione. Tali strategie non solo mirano a ridurre le emissioni di gas serra, ma anche a creare nuove opportunità di lavoro e a stimolare un’economia più resiliente e sostenibile. L’adozione di politiche ambientali integrate, che coniughino esigenze di sviluppo economico e protezione ambientale, è una delle sfide più pressanti del nostro tempo.

Il dialogo internazionale ha assunto un ruolo centrale nel coordinamento delle azioni contro il cambiamento climatico. Accordi globali come il Protocollo di Kyoto e l’Accordo di Parigi hanno rappresentato tappe fondamentali nel tentativo di ridurre le emissioni e di promuovere una maggiore collaborazione tra le nazioni. Questi trattati, pur presentando criticità e divergenze nei meccanismi di attuazione, hanno stimolato la nascita di una coscienza collettiva volta a riconoscere l’urgenza della crisi climatica e a mobilitare risorse e conoscenze per affrontarla. La partecipazione attiva della società civile, unita a un impegno costante da parte degli enti governativi, è indispensabile per tradurre in azioni concrete le ambizioni espresse dagli accordi internazionali.

Le conseguenze del cambiamento climatico si manifestano in maniera tangibile a livello locale e globale, influenzando il ciclo dell’acqua, la qualità dell’aria e la salute pubblica. Le comunità che vivono in aree vulnerabili, come le zone costiere o quelle caratterizzate da risorse idriche limitate, sono particolarmente esposte ai rischi derivanti da eventi estremi. Inoltre, il fenomeno comporta un aumento delle malattie correlate all’inquinamento atmosferico e alla proliferazione di vettori trasmittenti patogeni, come le zanzare, in aree precedentemente meno interessate da tali problematiche. In questo contesto, l’educazione ambientale e la diffusione di informazioni accurate diventano strumenti fondamentali per preparare e proteggere la popolazione, promuovendo una cultura della prevenzione e della responsabilità collettiva.

Un’altra dimensione cruciale riguarda l’impatto del cambiamento climatico sugli ecosistemi naturali. La biodiversità, elemento essenziale per la stabilità degli ambienti, è messa a dura prova dalla rapida alterazione delle condizioni climatiche. Specie animali e vegetali si trovano costrette ad adattarsi a nuovi habitat o, in molti casi, rischiano di estinguersi, compromettendo l’equilibrio naturale. Questa perdita di biodiversità, a sua volta, incide sulla capacità degli ecosistemi di fornire servizi fondamentali, come la purificazione dell’aria e dell’acqua, il ciclo dei nutrienti e la regolazione del clima. È quindi evidente come la protezione dell’ambiente naturale non possa prescindere da politiche che mirino a ridurre l’impatto delle attività umane e a favorire il recupero e la conservazione delle risorse naturali.

Nonostante le sfide imposte dal cambiamento climatico siano immensi, esse rappresentano anche un’opportunità per ripensare il nostro rapporto con la natura e con il pianeta. L’innovazione tecnologica, la ricerca scientifica e la volontà politica possono confluire per creare un modello di sviluppo che sia al contempo sostenibile e inclusivo. Investire in infrastrutture resilienti, promuovere l’adozione di pratiche agricole sostenibili e favorire una maggiore efficienza energetica sono solo alcuni degli approcci che si stanno delineando per contrastare gli effetti del riscaldamento globale. La sfida è ambiziosa, ma non priva di speranza: ogni azione, per quanto piccola possa sembrare, contribuisce a un cambiamento positivo e a un futuro in cui l’uomo e la natura possano convivere in armonia.

In conclusione, il cambiamento climatico rappresenta un fenomeno globale che sfida le nostre capacità di adattamento e di innovazione. Comprendere le basi di questo processo significa non solo acquisire conoscenze scientifiche, ma anche riconoscere la responsabilità che ciascuno di noi ha nel plasmare il futuro del pianeta. È un invito a guardare al mondo con occhi nuovi, a riscoprire la bellezza e la fragilità degli ecosistemi e a intraprendere un percorso di azioni consapevoli e condivise, capaci di garantire una convivenza sostenibile tra sviluppo umano e tutela ambientale. In un’epoca in cui la scienza ci offre strumenti preziosi per interpretare i segnali del cambiamento, è fondamentale tradurre la conoscenza in azione, affinché le sfide di oggi possano trasformarsi nelle opportunità di domani.

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