Dalla FIE: Avvicinamento ai Campionati Italiani Sci FIE – Festa della Neve – Falcade 2025 : Un Evento da Non Perdere

Pronti all’evento!

L’attesa è quasi finita! L’imminente manifestazione dei Campionati Italiani SCI FIE – Festa della Neve – Falcade 2025, promette giorni di emozione e competizione ai massimi livelli. Prepariamoci a vivere momenti indimenticabili, in un contesto che unisce sport, natura, ambiente  e cultura. Prepariamoci al meglio a vivere e a godere la calda ospitalità di Falcade.

I Campionati Italiani si avvicinano e con essi l’opportunità di vivere giornate intense e ricche di emozioni sulle nostre splendide Dolomiti – Patrimonio Unesco, in un ambiente unico quali sono le crode che coronano l’alta Valle del Biois. Un evento imperdibile, non solo per gli atleti dello di sci, ma anche per gli appassionati delle attività all’aria aperta sulla neve.

Programma delle manifestazioni

Il programma dei Campionati Italiani è stato predisposto per garantire il massimo divertimento e la migliore organizzazione possibile. Assicuratevi di non perdere nemmeno un momento delle gare e degli eventi in programma!

Venerdì 28 marzo

Ore 09:00 – Cerimonia di apertura
Ore 09:00 – gare
Ore 8,30 – Trekking Cima Juribrutto

Sabato 29 marzo

Ore 09:00 – Gare
Ore 8,30 – Trekking Val Venegia
Ore 14:30 – Sfilata sulle piste
Ore 16:30  – Sfilata per le vie di Falcade
Ore 17,30 – PalaFalcade: Premiazioni Gare dei giorni 28 e 29 marzo. La partecipazione è aperta a tutti.

Domenica 24 marzo

Ore 09:00 – Gare
Ore 8,30 – Trekking Forca Rossa
Ore 14,00 – Premiazioni gare di giornata – Terrazza Rif. Cima Uomo

A seguire chiusura delle manifestazioni

Informazioni di servizio

  • Le iscrizioni alle gare di sci sono aperte sulla piattaforma FIE Web Standard. Assicuratevi di completare la vostra iscrizione entro domenica 23 marzo alle ore 23:30.
  • Contatti per informazioni per le Gare di Sci. Per qualsiasi ulteriore informazione per le gare di sci, potete contattare Susi 339 8600259 e Mariagrazia 339 7392407. Saranno felici di assistervi e rispondere a tutte le vostre domande.
  • Le iscrizioni alle escursioni si ricevono esclusivamente mediante contatto telefonico: Paolo 348 4190323 e chiuderanno alle ore 18,00 di lunedì 24 marzo. Paolo è a disposizione per ogni informazione, dati tecnici, dubbi, curiosità sulle escursioni / trekking.

Programma aggiornato delle gare (*)

Venerdì 28 marzo

  • ore 9:30 al Passo San Pellegrino gara di supergigante sulla pista “Le Coste” per le categorie “Children” e “adulti” e a seguire gara di slalom speciale (1 manche) valevole per la combinata alpina su pista “Le Coste”.
  • Attività escursionistiche sulla neve

Sabato 29 marzo

  • ore 9:00 al Passo San Pellegrino gara di skicross sulla pista “Costabella” per le categorie “pulcini” e gara di slalom speciale sulla pista “Le Coste” per le categorie “children” e “adulti”.
  • Attività escursionistiche sulla neve
  • ore 14:30 al Passo San Pellegrino sfilata sulla neve di tutti gli atleti.
  • ore 16:00 ritrovo presso la Terrazza de l’Aivaz a Falcade e partenza alle ore 16:30 della sfilata di tutti gli atleti.
  • ore 17:30 circa, al PalaFalcade premiazioni delle gare del venerdì e del sabato.

Domenica 30 marzo

  • ore 9:30 al Passo San Pellegrino gara di slalom gigante sulla pista “Le Coste” per tutte le categorie di atleti.
  • Attività escursionistiche sulla neve
  • ore 14:00 / 14:30 circa, al Passo San Pellegrino presso Chalet Cima Uomo premiazioni delle gare della domenica e chiusura della manifestazione.

(*) Ricordatevi di iscrivervi entro il termine previsto.

Programma aggiornato delle escursioni (**)

Venerdì 28 marzo – PASSO JURIBRUTTO DA PASSO VALLES.

Passo Juribrutto, 2387 m, è uno dei luoghi “iconici” della catena di Bocche. La zona durante la Prima guerra mondiale assieme a cima Bocche costituiva una roccaforte austroungarica e fu teatro di crudeli combattimenti. Ancora oggi si possono osservare i resti dei baraccamenti e delle fortificazioni. Méta classica per scialpinisti ed escursioni con le ciaspole. La varietà del percorso, storico, ambientale e naturalistica, attraverso tratti di bosco di cirmoli e larici, terreno privo di vegetazione fra pianori e laghetti ghiacciati rendono varia e piacevole l’escursione.

  • Punti di partenza e di arrivo: Passo Valles 2032 m; Passo Juribrutto 2387 m.
  • Itinerario: Passo Valles 2032 m; Lago Juribrutto 2206 m, Passo Juribrutto 2381 m.  Ritorno per il medesimo itinerario di andata.
  • Dati tecnici: Lunghezza 7,5 km. Durata 6 / 6,30 h. Dislivello D+ 750 m; D- 750 m;

Sabato 29 marzo – A BAITA SEGANTINI LUNGO LA VAL VENEGIA

La Val Venegia, nella parte alta del bacino del torrente Travignolo è uno dei luoghi più conosciuti e frequentati: per la sua incomparabile bellezza, per la facile accessibilità e per il contesto paesaggistico che offre. È una tipica valle di origine glaciale, raccolta fra il banco dolomitico della catena settentrionale delle Pale di San Martino, il Castelaz e la Costazza, con interessanti affioramenti lavici nei pressi del Passo della Venegiotta, sul costolone fra il Mulaz e Passo Valles.

  • Punti di partenza e di arrivo: Pian dei Casoni 1650 m – Baita Segantini 2170 m.
  • Itinerario: Pian dei Casoni 1650 m, Malga Venegia 1778, Malga Venegiota 1824, Baita Segantini 2170. Ritorno per il medesimo itinerario di andata (possibile disgressione per Malga Juribello 1868).
  • Dati tecnici: Lunghezza 13,7 km. Durata 4,3 h. Dislivello D+ 500 m; D- 500 m;

Domenica 30 marzo – RIFUGIO FLORA ALPINA – PASSO FORCA ROSSA

A levante di Passo di San Pellegrino in posizione aprica si distende la piccola conca di Fuciade. Simile ad un piccolo altipiano d’alta quota, è questo un luogo dove un tempo si raccoglieva il fieno per le stalle delle famiglie di Soraga, la comunità fassana a cui apparteneva. Nonostante la quota di quasi 2000 metri era luogo di fienagione grazie all’esposizione a sud che regala sole durante tutta l’estate. A farle corona a nord è invece la frastagliata cresta dolomitica del costolone Costabella – Cima dell’Uomo il più esteso sottogruppo della Marmolada, la celebrata “Regina delle Dolomiti”.

  • Punti di partenza e di arrivo: Rifugio Flora Alpina  1800 m – Passo Forca Rossa 2490 m.
  • Itinerario: Rifugio Flora Alpina 1800 m, Fuciade 1972, Passo Forca Rossa 2490. Ritorno per il medesimo itinerario di andata.
  • Dati tecnici: Lunghezza 9,6 km. Durata 5 / 6,00 h. Dislivello D+ 700 m; D- 700 m;

Note:

  • Il tempo indicato nella durata delle escursioni è riferito alla percorrenza dei sentieri senza neve. Per la durata effettiva si dovrà necessariamente tenere conto della consistenza e delle caratteristiche del manto nevoso.
  • Concordando con gli accompagnatori è possibile modulare ogni escursione ponendo come punto di arrivo ciascuno dei punti di riferimento indicati nell’itinerario.
  • Per gli spostamenti fino al punto di partenza delle escursioni, previste a pochi Km da Falcade, ci si dovrà organizzare con mezzi propri. I Referenti comunicheranno tempestivamente l’orario e la precisa località del ritrovo.

(**) Le escursioni rappresentano un’occasione unica per esplorare le bellezze delle Dolomiti che coronano Falcade e arricchire ulteriormente la partecipazione ai Campionati Italiani. Non dimenticate di iscrivervi entro i termini previsti.

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Dalla FIE: Il ritorno dei grandi carnivori: lupi, orsi e linci nel nostro territorio

Il ritorno dei grandi carnivori nel nostro territorio rappresenta oggi uno degli sviluppi ecologici più affascinanti e complessi della nostra storia recente. Negli ultimi decenni, grazie a politiche ambientali mirate, interventi di ripristino degli habitat naturali e un crescente impegno nella tutela della biodiversità, specie come il lupo, l’orso e la lince stanno lentamente ritrovando la loro presenza originaria in aree in cui un tempo regnavano sovrani. Questo fenomeno, ben lontano dall’essere un semplice dato statistico, è un indicatore della salute degli ecosistemi e della capacità della natura di rigenerarsi nonostante decenni di pressione antropica. La presenza di questi predatori di vertice, infatti, ha effetti a cascata sull’intero equilibrio ecologico, contribuendo a regolare le popolazioni di prede e a mantenere intatta la struttura trophica, fattore fondamentale per la resilienza e il funzionamento armonico degli ambienti naturali.

Il lupo, in particolare, è diventato negli ultimi anni il protagonista di un dibattito acceso e articolato, che coinvolge scienziati, amministratori locali e cittadini. L’implementazione di programmi di monitoraggio e gestione della specie ha permesso di dimostrare che, in assenza di un’eccessiva interferenza umana, la presenza del lupo non è sinonimo di pericolo imminente, ma rappresenta piuttosto un tassello essenziale per il ripristino dell’equilibrio naturale. Numerosi studi hanno evidenziato come il ritorno di questa specie favorisca la riduzione della sovrappopolazione di ungulati, impedendo fenomeni di overgrazing che possono compromettere la rigenerazione della vegetazione e, di conseguenza, la stabilità degli habitat. Allo stesso tempo, il tema solleva interrogativi di natura sociale ed economica, poiché la convivenza tra popolazioni rurali e il ritorno del lupo richiede un approccio basato sul dialogo, sulla prevenzione e sulla condivisione di conoscenze scientifiche aggiornate, utili a dissipare miti e timori radicati nel tessuto culturale.

Parallelamente, l’orso bruno ha fatto la sua graduale riammissione in alcune aree montane, in particolare nel Nord e nel Centro Italia, dove interventi di conservazione e il miglioramento della qualità degli habitat hanno creato condizioni favorevoli alla sua ripresa. L’arrivo dell’orso non è privo di criticità: la convivenza con attività agricole e turistiche comporta sfide significative, richiedendo misure di prevenzione avanzate e una pianificazione territoriale attenta. Tuttavia, l’esperienza accumulata in altre regioni d’Europa dimostra che, attraverso programmi di co-gestione e il coinvolgimento diretto delle comunità locali, è possibile trasformare questo ritorno in un’opportunità. Le iniziative di compensazione economica e di supporto alla transizione verso pratiche agrarie più sostenibili rappresentano modelli virtuosi da seguire, capaci di coniugare sviluppo economico e tutela ambientale.

La lince, infine, si conferma come una storia di successo nel panorama della fauna selvatica italiana. Una volta in forte declino a causa della frammentazione degli habitat e della pressione derivante da attività umane, la lince è oggi protagonista di progetti di reintroduzione che hanno saputo far leva sul ripristino dei corridoi ecologici e sulla protezione di aree naturali strategiche. L’effetto rigenerativo della sua presenza si traduce in un controllo naturale delle popolazioni di piccoli mammiferi, con ricadute positive su intere catene alimentari. Le esperienze sul campo testimoniano come, con adeguati interventi di monitoraggio e la collaborazione tra enti di ricerca, istituzioni e associazioni ambientaliste, la lince possa non solo contribuire a un ecosistema più equilibrato, ma anche diventare un simbolo di rinascita e di speranza per una convivenza sostenibile tra uomo e natura.

Il ritorno di questi grandi carnivori non è privo di controversie e timori, soprattutto in relazione alla sicurezza e alla percezione che molti cittadini hanno nei confronti di specie considerate per molti anni pericolose. È innegabile che il passato, segnato da episodi di conflitto e da un diffuso senso di minaccia, abbia lasciato cicatrici profonde nell’immaginario collettivo. Tuttavia, è fondamentale comprendere che il rischio reale, quando si adottano misure di prevenzione e di gestione adeguate, è notevolmente ridotto. La scienza ha dimostrato che, con una corretta informazione e un’attenta pianificazione territoriale, è possibile creare condizioni di convivenza che permettano di tutelare sia la biodiversità che la sicurezza dei cittadini. In questo senso, l’educazione ambientale e le campagne informative rivestono un ruolo cruciale, poiché contribuiscono a trasformare la percezione del “predatore” in quella di un elemento essenziale per il benessere dell’ecosistema.

L’impatto ecologico del ritorno dei grandi carnivori si estende ben oltre la semplice presenza di una specie in un determinato territorio: esso implica un ripensamento globale del rapporto tra uomo e natura, invitando a una riflessione profonda sulle modalità di gestione del territorio e sull’importanza di preservare le risorse naturali. Le attività di ricerca, svolte da istituti specializzati e in collaborazione con enti locali, hanno evidenziato che la presenza dei predatori di vertice favorisce un equilibrio naturale che, in assenza di interferenze, può portare a una maggiore diversità biologica e a una rigenerazione spontanea degli habitat. Questo processo, definito “effetto cascata”, ha l’obiettivo di ristabilire un ordine naturale che consenta agli ecosistemi di autoregolarsi, riducendo al minimo gli interventi umani e promuovendo una crescita organica e sostenibile.

Un ulteriore aspetto da considerare riguarda le potenzialità economiche che il ritorno dei grandi carnivori può offrire alle comunità locali. La trasformazione del timore in una risorsa, attraverso lo sviluppo di forme di eco-turismo e di osservazione naturalistica, sta aprendo nuove opportunità per il rilancio di aree rurali e montane. Il turismo, infatti, si sta orientando sempre più verso esperienze autentiche, in cui la scoperta della fauna selvatica e la partecipazione a percorsi naturalistici si integrano con iniziative di educazione ambientale e di valorizzazione del patrimonio territoriale. Guide naturalistiche, associazioni ambientaliste e operatori turistici stanno collaborando per creare itinerari che non solo consentano di ammirare questi magnifici predatori, ma che offrano anche strumenti di approfondimento sulla loro ecologia, sui meccanismi di convivenza e sulle strategie di conservazione messe in atto.

La sfida, dunque, consiste nel coniugare la tutela della biodiversità con lo sviluppo sostenibile delle aree interessate, in modo da creare una sinergia che valorizzi tanto il patrimonio naturale quanto il tessuto socio-economico locale. È necessario investire in tecnologie innovative per il monitoraggio, rafforzare le reti di collaborazione tra enti pubblici e privati e promuovere programmi di formazione che coinvolgano non solo gli operatori del settore ma anche le comunità locali. Solo così si potrà raggiungere un equilibrio duraturo, in cui la presenza dei grandi carnivori diventi una componente integrale di un progetto di sviluppo ambientale e culturale, capace di generare benefici tangibili per l’intera collettività.

Guardando al futuro, il percorso intrapreso dagli interventi di reintroduzione e di tutela delle specie emblematiche deve essere considerato un investimento strategico per la salvaguardia degli ecosistemi italiani. La resilienza degli habitat, la capacità di adattarsi alle pressioni ambientali e la possibilità di sviluppare una convivenza armoniosa tra uomo e natura rappresentano obiettivi ambiziosi, ma assolutamente raggiungibili se si continua a investire nella ricerca, nell’educazione e nella collaborazione. Le esperienze maturate in altre regioni d’Europa offrono un bagaglio di conoscenze preziose, che, se adattate al contesto italiano, possono costituire la base per un modello di gestione innovativo e inclusivo. È dunque fondamentale promuovere un dialogo costruttivo, che coinvolga tutti gli attori della società, per trasformare il ritorno dei grandi carnivori in una vittoria per la biodiversità e in un esempio virtuoso di convivenza sostenibile.

In definitiva, il ritorno del lupo, dell’orso e della lince non va visto come un fenomeno isolato, ma come l’espressione di un processo naturale e rigenerativo, che offre l’opportunità di rivedere il nostro rapporto con l’ambiente. La sfida, oggi più che mai, è quella di saper integrare conoscenza scientifica, sensibilità sociale e innovazione tecnologica per creare un futuro in cui la natura e l’uomo possano convivere in armonia, rispettando i ritmi e le esigenze del pianeta. Questo percorso, lungo e complesso, richiede impegno, collaborazione e una visione condivisa, in cui ogni intervento rappresenta un passo verso la realizzazione di un mondo più equilibrato e sostenibile. Con uno sguardo attento al passato e un approccio proattivo al futuro, il nostro territorio si prepara ad accogliere nuovamente questi magnifici predatori, testimoni di una natura che sa reinventarsi e che, nonostante le difficoltà, è sempre pronta a sorprenderci con la sua resilienza e la sua bellezza.

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Dalla FIE: La storia del clima: come si è evoluto il pianeta nei millenni

Nel corso dei millenni la Terra ha vissuto una successione di trasformazioni climatiche che hanno segnato profondamente la storia del nostro pianeta, tracciando un percorso complesso e dinamico che ha visto il clima evolversi in risposta a innumerevoli variabili geologiche, astronomiche e biologiche. Fin dalle prime fasi della sua formazione, la Terra si è trovata immersa in un contesto in continua evoluzione, dove le condizioni ambientali e atmosferiche si sono rivelate elementi fondamentali per la nascita e lo sviluppo della vita. Inizialmente, in un’epoca dominata da attività vulcanica intensa e da un’atmosfera priva di ossigeno, il clima terrestre era caratterizzato da estreme variazioni di temperatura e da una composizione atmosferica molto diversa da quella odierna. Con il progressivo raffreddamento del pianeta e l’emissione di gas volatili, si sono creati i presupposti per la formazione delle prime strutture atmosferiche, un passaggio critico che ha aperto la strada a processi chimici fondamentali per la vita.

Il passaggio dalla fase primordiale, dominata da attività catastrofiche e da un’atmosfera ricca di gas inquinanti e poco reattivi, ha condotto a una serie di transizioni che, nell’arco di miliardi di anni, hanno portato a una composizione più equilibrata e complessa. Durante il cosiddetto eone Archeano, l’assenza di ossigeno libero nell’atmosfera ha favorito la formazione di composti semplici, mentre in seguito, con l’avvento della fotosintesi – un’innovazione biologica che ha rivoluzionato il sistema – cominciò a emergere un’aria progressivamente arricchita in ossigeno. Questo cambiamento radicale non solo ha permesso lo sviluppo di forme di vita più complesse, ma ha anche avuto un impatto determinante sul clima, influenzando il bilancio energetico del pianeta e modificando le condizioni ambientali su scala globale.

Il periodo successivo, che comprende l’eone Proterozoico, ha visto una progressiva stabilizzazione delle condizioni climatiche, seppur caratterizzate da eventi di glaciazioni e riscaldamenti periodici. Le evidenze geologiche mostrano come il clima di quel tempo fosse estremamente variabile, alternando periodi di forte raffreddamento, durante i quali vaste aree del pianeta erano ricoperte da ghiaccio, a momenti di relativa stabilità in cui le temperature favorivano un clima più mite. Tali oscillazioni non erano casuali, bensì il risultato di complesse interazioni tra i cicli solari, le variazioni dell’orbita terrestre e le attività geotermiche, che insieme delineavano una sorta di “battito” naturale del clima terrestre.

Con l’arrivo del Paleozoico, la Terra conobbe una nuova fase di trasformazioni, durante la quale le prime grandi ere glaciali lasciarono il segno su paesaggi e continenti. I movimenti tettonici contribuirono a rimodellare il pianeta, creando nuove catene montuose e modificando la distribuzione delle terre emerse e degli oceani. Questi eventi geologici influenzarono in maniera decisiva il clima, determinando flussi di correnti oceaniche e influenzando la circolazione atmosferica. In questo contesto, le glaciazioni periodiche, unitamente a periodi di riscaldamento, hanno creato una serie di condizioni ambientali che hanno favorito l’evoluzione della biodiversità, spianando la via a un’esplosione di forme di vita in grado di adattarsi a condizioni estremamente diverse.

Il passaggio al Mesozoico rappresenta un ulteriore capitolo fondamentale nella storia climatica del pianeta. Durante quest’era, spesso definita come “l’era dei dinosauri”, il clima globale era caratterizzato da temperature relativamente elevate e da un’atmosfera con livelli di anidride carbonica superiori a quelli odierni. La Terra, allora, presentava un aspetto ben diverso, con mari interni e continenti disposti in configurazioni che oggi sembrerebbero inusuali. Le condizioni climatiche meno rigide permisero lo sviluppo di ecosistemi variegati, in cui le forme di vita si diversificarono rapidamente, sfruttando le opportunità offerte da un ambiente caldo e umido. Tuttavia, anche in questo periodo di relativa prosperità, non mancarono gli eventi estremi, come le eruzioni vulcaniche su larga scala, capaci di innescare brevi ma intensi periodi di raffreddamento, dimostrando come la complessità dei fattori climatici fosse e rimanga una caratteristica intrinseca del nostro pianeta.

Il passaggio al Cenozoico, che abbraccia l’epoca attuale, ha segnato una fase di raffreddamento progressivo e di consolidamento dei sistemi climatici moderni. Con la separazione definitiva dei continenti e la formazione di nuove correnti oceaniche, il clima terrestre si è gradualmente orientato verso una maggiore stabilità, pur mantenendo una certa dinamicità legata ai cicli naturali. Le testimonianze geologiche di questa fase indicano una progressiva riduzione dei livelli di gas serra e una diminuzione delle temperature medie, fenomeno che ha favorito lo sviluppo di ambienti favorevoli alla vita terrestre così come la conosciamo oggi. La comparsa delle grandi calotte polari e il conseguente raffreddamento hanno giocato un ruolo decisivo nel plasmare i paesaggi e nell’influenzare le condizioni di vita delle specie animali e vegetali.

L’analisi delle ere passate ci offre anche importanti chiavi di lettura per comprendere i meccanismi che regolano il clima attuale. Le evidenze scientifiche raccolte attraverso il decoro degli strati sedimentari, l’analisi delle bolle d’aria intrappolate nel ghiaccio polare e lo studio dei microfossili permettono agli scienziati di ricostruire una storia dettagliata delle variazioni climatiche, evidenziando come piccole variazioni nei parametri astronomici, come le oscillazioni dell’orbita terrestre (i cicli di Milankovitch), possano avere effetti amplificati nel sistema climatico globale. Questi studi mettono in luce l’importanza dei feedback, meccanismi intrinseci che amplificano o attenuano le variazioni climatiche, e mostrano come il clima sia il risultato di una complessa interazione tra forze esterne e processi interni al sistema Terra.

L’evoluzione del clima nel corso dei millenni è una testimonianza della capacità del pianeta di reinventarsi e di adattarsi a condizioni che, sebbene spesso estreme, hanno reso possibile lo sviluppo della vita in tutte le sue forme. Tale storia, lunga miliardi di anni, ci insegna che il clima non è un elemento statico, ma una variabile dinamica che ha sempre risposto e continuerà a rispondere ai cambiamenti ambientali, sia naturali che antropogenici. In quest’ottica, il confronto tra le trasformazioni del passato e le sfide del presente acquista un valore fondamentale per comprendere il ruolo dell’uomo nell’odierna crisi climatica. L’attività umana, con le emissioni di gas serra e le modifiche degli ecosistemi, sta infatti accelerando processi che, seppur presenti in natura, adesso si sviluppano a ritmi senza precedenti.

Comprendere la lunga storia del clima terrestre significa, dunque, riconoscere non solo le trasformazioni che hanno reso possibile la diversità biologica e la ricchezza dei paesaggi, ma anche i limiti intrinseci di un sistema che, sebbene dotato di notevoli capacità di adattamento, è oggi messo a dura prova dalle attività antropiche. La conoscenza di questi processi storici diventa uno strumento indispensabile per orientare le politiche di tutela ambientale e per promuovere comportamenti più sostenibili, in grado di preservare l’equilibrio del pianeta. Un’analisi approfondita delle variazioni climatiche nel corso delle ere, infatti, ci fornisce indicazioni preziose per affrontare le sfide future, evidenziando l’urgenza di una presa di coscienza collettiva e di interventi mirati per limitare l’impatto dell’uomo sul sistema Terra.

In definitiva, la storia del clima racconta una narrazione di trasformazioni continue, in cui il passato si fonde con il presente e offre insegnamenti indispensabili per il futuro. Attraverso lo studio delle ere geologiche, degli eventi catastrofici e dei cicli naturali, si delinea un quadro complesso e articolato che evidenzia come il clima sia il risultato di molteplici forze in interazione. Questo percorso, che va dalla primordiale attività vulcanica fino alle attuali crisi ambientali, invita a riflettere sull’importanza di una gestione responsabile del nostro pianeta, affinché le future generazioni possano beneficiare di un ambiente stabile e in armonia con le necessità di una vita in equilibrio. Tale riflessione, che abbraccia aspetti scientifici, storici e sociali, è fondamentale per comprendere la responsabilità che ciascuno di noi ha nel contribuire a un futuro più sostenibile, dove il rispetto per la natura e la conoscenza dei processi che l’hanno modellata diventano strumenti imprescindibili per la salvaguardia dell’ecosistema globale.

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Dalla FIE: I sistemi GPS, un ausilio pratico per il trekking e l’escursionismo

Oggi la sempre maggiore diffusione dell’uso del computer, dello smartphone e della tecnologia in genere come supporto a tante attività quotidiane, rendono un grande servizio alle attività di tipo escursionistico, aumentandone notevolmente il livello di sicurezza, oltre a permettere di conoscere meglio il territorio e godere con più tranquillità della bellezza dei luoghi visitati. L’uso della tecnologia, ovviamente, non può sostituire completamente l’utilizzo degli strumenti comunemente utilizzati dall’escursionista, la bussola e la mappa cartacea oltre che lo studio dei rudimenti basilari della cartografia e dell’orienteering. Tuttavia, se gli strumenti tecnologici vengono anch’essi studiati con attenzione e non usati in modo sprovveduto, possono rappresentare un ausilio eccellente alla progettazione di nuove esperienze escursionistiche oltre che alla loro tracciatura e diffusione presso la grande platea degli appassionati.

Il sistema GPS

Parlare di tecnologia legata all’escursionismo, vuol dire parlare sopratutto (ma non soltanto) di Global Positioning System (GPS) cioè il sistema di Posizionamento Globale.

Il Sistema di Posizionamento Globale è un sistema di posizionamento e navigazione satellitare, nato principalmente per scopi militari, che, attraverso una rete di circa 32 satelliti artificiali in orbita attorno alla Terra, fornisce ad un terminale mobile, o ricevitore GPS (oggi presente in tutti gli smartphone e nelle apparecchiature dedicate agli escursionisti o ai navigatori), informazioni sulle coordinate geografiche della posizione in cui si trova il terminale stesso, in ogni condizione meteorologica, ovunque sulla Terra ove vi sia una visibilità priva di ostacoli, di almeno quattro satelliti del sistema.

La localizzazione avviene tramite la trasmissione di un segnale radio da parte di ciascun satellite e l’elaborazione dei segnali ricevuti da parte del ricevitore.

Il principio di funzionamento si basa su una triangolazione sferica (trilaterazione), che parte dalla misura del tempo impiegato da un segnale radio a percorrere la distanza satellite-ricevitore. Per il calcolo della differenza dei tempi il segnale inviato dal satellite è di tipo orario, cioè contenente l’ora precisa in cui è stato inviato, segnata dall’orologio atomico presente sul satellite che è sincronizzato, con una certa tecnica, con quello del ricevitore: il ricevitore calcola l’esatta distanza dal satellite a partire dalla differenza (dell’ordine dei microsecondi) tra l’orario pervenuto e quello del proprio orologio, tenendo conto della velocità di propagazione del segnale, che è la velocità della luce.

Generalmente l’accuratezza della posizione determinata dall’attuale sistema è attorno ai 5 metri e, salvo casi particolari come alti palazzi o strette gole, non supera i 10 metri.

I ricevitori GPS sono oggi utilizzati in tutta la navigazione aerea, marittima e terrestre, associati a cartografia memorizzata nei navigatori per uso automobilistico e come ausilio alle attività outdoor. Il funzionamento e la precisione del sistema GPS non sono garantiti in modo assoluto e dipendono, in parte, anche dal sistema di satelliti utilizzati per il rilevamento.

Principali sistemi satellitari globali di navigazione:

  • Lo statunitense Global Positioning System (GPS) è composto da 32 satelliti in orbita su sei differenti piani orbitali, dei quali 24 in uso ed 8 di riserva.
  • Il sistema sovietico GLONASS.
  • La Cina possiede un proprio sistema globale di navigazione, chiamato Beidou il quale utilizza 4 satelliti (tre operativi ed uno di riserva).
  • Il sistema di posizionamento Galileo è invece totalmente sviluppato in Europa dall’ESA (Agenzia Spaziale Europea) e può contare su 26 satelliti orbitanti.

Cartografia computerizzata

L’uso del GPS in un’escursione può essere di una utilità ancora maggiore se associato all’utilizzo della cartografia gestita col computer.

Esistono tanti programmi software, anche gratuiti, che permettono di vedere le mappe cartografiche sullo schermo del computer, in modo tale che alla posizione del mouse sulla mappa corrispondono sempre le coordinate, metriche o angolari, del punto indicato dal mouse, secondo il Datum della mappa.

Il Datum

Quando si parla di coordinate geografiche, è essenziale considerare l’ellissoide di riferimento, poiché la Terra non è una sfera perfetta ma un geoide. Per calcolare con precisione le coordinate, si utilizza un’approssimazione matematica del geoide con un ellissoide, definito all’interno di un Datum, che rappresenta le caratteristiche geometriche e dimensionali di riferimento. Nel tempo, diverse nazioni hanno adottato Datum locali per la loro cartografia, ma con l’avvento dei sistemi GPS si è diffuso l’uso del WGS84, un Datum globale introdotto nel 1984. Tuttavia, le coordinate possono variare a seconda del Datum utilizzato, motivo per cui è sempre necessario specificarlo. In Italia, oltre al WGS84, sono ancora utilizzati il Datum ED50 e il Roma 1940.

La calibrazione

Le mappe devono essere “calibrate” o “geo-referenziate”. Questo si può ottenere acquisendo una mappa, o parte di essa, con uno scanner, e poi con gli stessi programmi, selezionando almeno 4 punti non allineati della mappa, associando ad essi le coordinate rilevate dalla mappa e il Datum con il quale la mappa è stata realizzata, e salvando queste informazioni in un file che accompagna il file immagine della mappa.

Questa operazione può sembrare più o meno difficile e noiosa, ma si tenga presente che esistono su internet, o si possono acquistare, tantissime mappe già calibrate e pronte all’uso.

Una mappa calibrata è normalmente costituita dall’insieme di un file immagine JPG, PNG o altro, e un file di tipo testo, contenente il Datum e la corrispondenza tra i punti selezionati dell’immagine (in pixel) e le coordinate geografiche.

Il tracciamento

Il fatto più interessante è che, se su queste mappe seguiamo col mouse, per esempio, un sentiero riportato, o una mulattiera evidente, o un qualunque sentiero che sembra percorribile, possiamo disegnare una traccia che poi, sotto la forma di un piccolo file, possiamo trasferire dal computer sul nostro ricevitore GPS e che ci può guidare lungo il sentiero.

Inoltre, camminando col nostro GPS, possiamo registrare tutto il percorso effettuato, come sequenza di punti rilevati, per esempio, ogni 10 secondi, che poi possiamo trasferire sul nostro computer, sotto la forma di un altro piccolo file, e che ci permette di rivedere la nostra escursione, sovrapposta alla cartografia del posto visitato.

Parametri di navigazione

Il Waypoint è un punto di interesse, memorizzato nel ricevitore GPS. E’ possibile definire e memorizzare uno o più waypoint, ricavandone le coordinate da una mappa. Su tutti i ricevitori esiste una funzione di “marcamento” che consente di memorizzare la posizione attuale come waypoint. Ad esso è poi possibile attribuire un nome.

  • FIX: è la posizione attuale.
  • Rotta: è la direzione della congiungente tra punto di partenza e punto di arrivo. Può essere identificata come la percorrenza tra due o più waypoint.
  • SOG (Speed Over Ground): è la velocità di movimento.
  • Prua (Heading): è la direzione di avanzamento.
  • Rilevamento (Bearing): è la direzione tra il Fix e il punto di destinazione.

Navigazione sulla mappa

I ricevitori GPS di tipo cartografico, incorporano una o più mappe commutabili a piacere, sulle quali è proiettato il nostro movimento. E’ possibile sciegliere tra una visualizzazione con mappa fissa e freccia in moto (Nord su) oppure una visualizzazione con freccia fissa e mappa sempre orientata, che ruota quindi ad ogni nostro cambiamento di direzione (Traccia su). La scala della mappa può inoltre essere variata a piacere con appositi tasti.

Una Rotta, come prima indicato, può essere identificata come un’insieme di waypoint collegati in un preciso ordine. Impostando una rotta e iniziando la navigazione, il GPS ci indica la direzione del primo waypoint, passando quindi al successivo e così via, fino all’ultimo di essi.

Con un semplice comando è inoltre possibile invertire la la rotta, invertendo l’ordine dei waypoint, per tornare indietro sulla stessa strada.

Nella seconda parte parleremo di come progettare l’escursione ed arrivare a produrre una traccia da utilizzare con qualsiasi ricevitore GPS.

Paolo Latella
Presidente CR Calabria FIE

L’articolo I sistemi GPS, un ausilio pratico per il trekking e l’escursionismo proviene da FIE Italia – Federazione Italiana Escursionismo.