Dalla FIE: Attrezzatura leggera: come ridurre il peso senza compromettere la funzionalità

Affrontare un’escursione con un equipaggiamento leggero non significa rinunciare a comfort, sicurezza o funzionalità, ma saper bilanciare con cura ogni componente riducendo il peso superfluo e valorizzando l’essenziale. Ridurre i grammi nello zaino è una pratica che richiede un approccio metodico, una conoscenza approfondita dei materiali e una revisione critica di ogni oggetto che intendiamo portare con noi. In primo luogo, è fondamentale definire il concetto di “peso di base” (base weight), ovvero il peso totale dello zaino completo di tutta l’attrezzatura esclusi cibo, acqua e combustibile. Puntare a un peso di base inferiore ai 6–7 kg rappresenta un obiettivo realistico per la maggior parte delle escursioni di più giorni, mentre gli appassionati di ultralight talvolta scendono sotto i 4 kg, sacrificando volumi e ridondanze solo quando le condizioni e le proprie competenze lo consentono.

Per iniziare, è utile scomporre l’equipaggiamento in categorie: abbigliamento, riparo, sacco a pelo e materassino, cucina, idratazione e utensili vari. Nell’abbigliamento si privilegiano tessuti tecnici ad alte prestazioni: la lana merino per la sua traspirabilità e resistenza agli odori, i capi sintetici ultraleggeri per rapidi tempi di asciugatura e la membrana softshell minimalista per ripararsi dal vento. È consigliabile ridurre al minimo il numero di capi: un set base composto da maglia a maniche lunghe in merino, pantaloni leggeri, un guscio antivento/idrorepellente e un capo di mezzo strato imbottito in sintetico – più un cambio completo per la notte – è spesso più che sufficiente per escursioni fino a 3–4 giorni, a meno di climi particolarmente rigidi.

Il riparo rappresenta uno dei maggiori risparmi di peso. Le tende ultraleggere in nylon siliconato o Dyneema possono pesare dai 400 ai 700 g, rispetto ai 2 kg delle tende tradizionali a doppia parete. Un telo tarp opportunamente scelto e configurato richiede una buona competenza nell’installazione e non protegge completamente dalla condensa, ma può attestarsi intorno ai 200–300 g. I bivy bag in Dynema sono un’altra opzione per chi privilegia il minimo ingombro, pur mantenendo un grado di protezione accettabile. In ogni caso, la scelta dipende dal tipo di terreno, dal clima e dall’esperienza personale.

Per il sonno, il passaggio al sacco a pelo a quilt in piuma d’oca di alta qualità può ridurre notevolmente il peso: un quilt per temperature di comfort intorno ai 0 °C può pesare 400–500 g, contro i 900–1 000 g di un sacco tradizionale. La degradazione della capacità isolante in condizioni di umidità è un fattore da considerare: in ambienti bagnati, un’imbottitura sintetica più pesante ma meno soggetta a perdere calore può risultare più affidabile. Anche il materassino può essere alleggerito scegliendo modelli in schiuma ultraleggera o autogonfianti con spessori ridotti, assicurandosi però di mantenere un comfort accettabile per un buon riposo.

In cucina, le scelte devono tener conto del combustibile e del peso complessivo di pentole e fornello. Un fornello a gas canister pesa circa 60–70 g, mentre un sistema a alcool (Fornello Trangia) con relativa tanica può superare i 300 g; tuttavia, il gas isobutano-propano offre maggiore potenza e velocità di cottura. Le pentole in titanio riducono il peso di 100–200 g rispetto a quelle in alluminio anodizzato, ma costano molto di più e hanno capacità di trasferimento termico inferiori, che richiedono piccoli aggiustamenti nelle tecniche di cottura. Un’unica pentola multifunzione da 750–900 ml può essere sufficiente per due persone, limitando il volume trasportato.

Gestire l’acqua è un’altra chiave per risparmiare peso: trasportare grandi quantità di acqua significa aggiungere grammi costanti, mentre un filtro o una penna UV pesa tra 50 e 100 g e consente di rifornirsi in modo sicuro lungo il percorso. Una borraccia da 500 ml in plastica dura, leggera e resistente, combinata con una vescica idrica sottile da un litro, permette di distribuire il peso in modo equilibrato e di mantenere il volume necessario senza appesantire eccessivamente lo zaino.

Nell’ambito degli strumenti, la tecnologia ha portato a dispositivi multifunzione che sostituiscono intere categorie di oggetti: uno smartphone con app di navigazione offline, bussola e altimetro integrati riduce la necessità di portare bussola cartacea, orologio altimetrico e guide cartacee, risparmiando oltre 200 g. È importante tuttavia proteggere il dispositivo all’interno di custodie impermeabili leggere. Una lampada frontale a LED ad alta efficienza può pesare anche meno di 50 g, garantendo decine di ore di autonomia con batterie AAA leggere o ricaricabili.

L’approccio ultralight raccomanda inoltre di cercare oggetti multiuso: un bastoncino da trekking con impugnatura rimovibile che funge da attrezzo per picchettare il tarp, o un foulard in poliestere tecnico che svolge funzioni di scaldacollo, asciugamano leggero, sacchetto portaoggetti e filtro primario per l’acqua. Anche i sacchetti impermeabili in nylon ultraleggero possono servire come organizer interni, protezione per il sacco a pelo o raccoglitore di rifiuti, consolidando più ruoli in un unico elemento.

La scelta dello zaino è cruciale: i modelli frameless, privi di telaio rigido, possono pesare meno di 400 g ma richiedono una distribuzione attenta del carico e un’esperienza consolidata. Gli zaini con frame in alluminio ultraleggero aggiungono 100–200 g e offrono maggiore comfort e regolabilità, risultando adatti a chi trasporta carichi più alti. È utile valutare la capienza in base alla durata dell’escursione, evitando ingombri inutili: per una gita di due giorni, 30–35 litri sono spesso sufficienti; per tre o quattro giorni, 40–50 litri.

Non va trascurata la manutenzione preventiva: un’equipaggiamento ben curato dura più a lungo, rimane leggero e affidabile. Imparare a riparare tessuti in nylon siliconato o a rinfoderare cuciture con nastro tenkara (ripstop tape) evita di sostituire capi o tende, risparmiando nel lungo termine. Un piccolo kit di riparazione – 20 g di nastro adesivo per riparazioni, ago e filo in nylon, pezze in Dyneema – è un investimento minimo che previene problemi ben più gravi.

Infine, è indispensabile calibrare le proprie esigenze di comfort, sicurezza e durata, tenendo conto di fattori esterni quali clima, altitudine, durata del trekking e familiarità con l’ambiente. La filosofia ultralight non è un dogma, ma un insieme di strategie adattabili a ogni escursionista. Sperimentare, pesare ogni oggetto prima di partire, annotare i risparmi ottenuti e i punti critici riscontrati permettono un miglioramento costante del proprio equipaggiamento. Il risultato è un’esperienza più fluida, meno faticosa e più godibile, che lascia spazio all’essenza dell’escursione: il contatto con la natura, la scoperta degli orizzonti e il piacere di spingere un passo dopo l’altro, con leggerezza e consapevolezza.

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Dalla FIE: Escursionismo cinico (Cinismo)

La natura come scuola di virtù

Diógenes (1882), dipinto di John William Waterhouse

Quando si parla di Cinismo come corrente filosofica, la mente corre all’antica Grecia, a figure emblematiche come Diogene di Sinope, uno dei più celebri cinici, che visse in una botte, rifiutò le convenzioni sociali e predicò la virtù attraverso la semplicità e l’essenzialità. Il Cinismo, nella sua versione originaria, era più di una teoria: era una pratica di vita che tentava di liberare l’individuo dai condizionamenti sociali, dalle ricchezze inutili, dalle leggi non naturali, per condurlo verso un’esistenza in armonia con la natura, senza artifici, in totale indipendenza spirituale.

Traslando questi principi nell’ambito dell’escursionismo, nasce la figura dell’“escursionista cinico”. Ma che cosa significa camminare nella natura in modo cinico? Non si tratta di un cinismo moderno, inteso come diffidenza o disincanto amaro. Piuttosto, l’escursionismo cinico richiama l’ideale antico del vivere secondo natura, del ridurre i bisogni al minimo, del considerare le convenzioni sociali superflue. L’escursionista cinico affronta la montagna come uno scenario in cui testare la propria libertà, lontano dai fronzoli e dalle comodità della vita urbana, per riscoprire cosa significa essere esseri umani “nudi” di fronte alla natura.

Il contesto filosofico: il Cinismo greco

La filosofia cinica nacque ad Atene nel IV secolo a.C. tra i seguaci di Antistene (un discepolo di Socrate) e trovò nel leggendario Diogene di Sinope il suo maggior rappresentante. I cinici rifiutavano i costumi, la ricchezza, i valori e le gerarchie sociali della polis greca. Non cercavano rifugio nella solitudine astratta o nell’isolamento totale, ma vivevano spesso in città, sfidando apertamente le convenzioni. Il loro obiettivo era la virtù, vista come autosufficienza, indipendenza e integrità morale, ottenute liberandosi da ogni bisogno superfluo.

Essere cinici significava ridurre al minimo l’attrezzatura della vita: niente ricchezze, niente proprietà inutili, nessuna dipendenza dal giudizio altrui. Il cinico era come un cane randagio (da qui l’origine del nome “cinico”, dal greco “kynikos”, cioè “canino”), libero e sfrontato, in grado di sopravvivere con poco, di adattarsi a ogni situazione e di non essere schiavo delle opinioni altrui.

L’applicazione al mondo dell’escursionismo

L’escursionismo moderno è spesso caratterizzato da un forte orientamento al comfort, alla sicurezza e, talvolta, al consumo: attrezzature all’avanguardia, abbigliamento tecnico, calzature di ultima generazione, e un intero mercato di prodotti per rendere l’esperienza outdoor più comoda possibile. L’escursionismo cinico rovescia questa prospettiva. Esso invita a considerare la montagna non come un luogo da “catturare” con selfie o da percorrere con l’equipaggiamento più costoso, ma come uno spazio primordiale dove riscoprire la nudità esistenziale dell’uomo.

Come il filosofo cinico viveva in una botte, si riparava dal freddo con un mantello e si cibava di ciò che trovava, così l’escursionista cinico riduce il proprio equipaggiamento al minimo indispensabile. Non si tratta necessariamente di avventurarsi scalzi o di mangiare bacche crude (anche se un cinico particolarmente radicale potrebbe considerarlo!), ma di ridurre, dove possibile, l’intermediazione della tecnologia e del superfluo tra sé e la natura. Uno zaino leggero, un paio di scarponi robusti ma non ultratecnologici, abiti semplici e resistenti, una borraccia, una mappa cartacea: l’essenzialità è la chiave.

I principi dell’escursionismo cinico

  1. Riduzione dei bisogni:
    L’escursionista cinico non cerca la comodità, anzi la considera un ostacolo all’autenticità dell’esperienza. Riducono i propri bisogni al minimo: niente zaini strapieni di gadget, niente cibi complicati e preconfezionati. Un pezzo di pane, un po’ d’acqua, magari qualche frutto raccolto sul cammino (dove consentito e senza danneggiare l’ambiente), bastano per sopravvivere alla giornata. Questo atteggiamento insegna l’autosufficienza e l’indifferenza verso ciò che non è strettamente necessario.
  2. Rifiuto delle convenzioni sociali:
    L’escursionista cinico non si preoccupa di apparire alla moda, né di seguire i trend del momento. Non importa se l’abbigliamento è datato o non sponsorizzato da un grande marchio. Non si cura delle fotografie su Instagram. Il suo obiettivo non è ottenere l’approvazione di una community, ma trovare la libertà interiore nella semplicità.
  3. Vivere secondo natura:
    Il concetto di “vivere secondo natura” per i cinici significava conformare la propria vita ai principi più elementari della realtà, senza sovrastrutture culturali artificiose. Nell’escursionismo questo si traduce nel cercare un rapporto diretto con l’ambiente: percorrere sentieri senza fretta, percepire il vento, il sole, la pioggia, sentire la fatica dei muscoli senza lamentarsi o cercare scorciatoie. La natura è maestra e specchio di una verità non filtrata.
  4. Libertà dagli oggetti e dagli status symbol:
    Il cammino cinico non è una passerella per mostrare l’ultimo modello di giacca tecnica impermeabile o lo smartwatch col GPS integrato. Piuttosto è un esercizio di libertà dai simboli di status. Ciò può apparire provocatorio: perché rinunciare a strumenti utili? Perché sfidare la pioggia senza una super attrezzatura? La risposta cinica è che la virtù sta nella capacità di resistere, di vivere bene anche in condizioni non ottimali, imparando dal disagio e dalla mancanza.
  5. Autenticità e franchezza:
    I cinici erano noti per la loro parresia, la schiettezza di linguaggio e di vita. L’escursionista cinico potrebbe dunque essere schietto, non cercare di addolcire l’esperienza. Se piove, piove; se si è affamati, si è affamati. Non c’è bisogno di mascherare le condizioni reali del percorso con metafore poetiche, né di trasformare la camminata in un rito estetico. È una prova onesta con se stessi.

La dimensione etica e spirituale

Camminare in modo cinico non è solo un esercizio fisico, ma una pratica etica e spirituale. Ridurre i bisogni, rifiutare gli orpelli, affrontare il cammino con sobrietà significa anche interrogarsi sui propri valori. Di fronte a una salita ripida senza il supporto dell’ultimo ritrovato tecnologico, si scopre se stessi: si comprende meglio quanta resistenza mentale si possiede, quanto si è pronti ad accettare la realtà per quella che è, senza cercare continue compensazioni artificiali.

L’escursionismo cinico diventa una forma di ascetismo laico: una scuola di disciplina interiore, in cui i comfort cedono il passo a una ricerca di autenticità che produce un intimo senso di libertà. Camminando con poco, si impara a riconoscere l’eccesso. Accettando il vento freddo sul viso, si impara ad apprezzare il calore del sole al suo apparire. Non si tratta di mortificazione fine a se stessa, ma di liberazione: non dipendere dal superfluo rende più forti, moralmente e spiritualmente.

L’impatto sull’ambiente

La scelta cinica, improntata alla semplicità, può avere risvolti positivi anche sull’ambiente. Ridurre il superfluo significa non consumare oggetti inutili, non lasciare troppi rifiuti, non incidere sul territorio con pratiche invasive. L’escursionista cinico non lascerà traccia del suo passaggio, se non le impronte dei piedi. Non trasporterà cibo confezionato in mille involucri di plastica, non necessiterà di strutture elaborate o mezzi a motore per raggiungere l’inizio del sentiero. Questo stile di escursionismo si sposa con un approccio ecologico “low impact”, dove l’essere umano cerca di integrarsi con la natura anziché imporsi su di essa.

Critiche e possibili obiezioni

L’escursionismo cinico non è per tutti, né pretende di esserlo. Molti potrebbero obiettare che il nostro contesto storico è diverso da quello dell’antica Grecia, che certe privazioni sono inutili o perfino sciocche, data la disponibilità di strumenti in grado di migliorare la sicurezza. Ed è vero: la sicurezza non va sacrificata per estremismo. L’escursionista cinico non è un sconsiderato. Può utilizzare una mappa, una giacca antipioggia di base e un paio di buone scarpe: non si tratta di mettere a repentaglio la propria incolumità, ma di ridimensionare le aspettative di comfort.

Altri potrebbero ritenere che non ci sia nulla di male nel voler scattare fotografie o godere del buon cibo in montagna. E hanno ragione: non c’è un dogma da seguire. L’escursionismo cinico è un modello provocatorio, un invito a riflettere sui nostri approcci, non una legge morale universale. È una possibilità, un gioco filosofico, un richiamo a non dare per scontate le comodità e le convenzioni.

Come praticare l’escursionismo cinico

  • Scegli sentieri semplici per iniziare: Non serve partire con un percorso estremo. Basta un sentiero vicino casa. Lascia a casa gli strumenti non indispensabili.
  • Valuta la tua attrezzatura: Hai davvero bisogno di tutto ciò che porti di solito nello zaino? Forse no. Elimina il superfluo, tieni solo ciò che è strettamente necessario per la sicurezza e l’idratazione.
  • Affronta le intemperie con serenità: Se piove leggermente, non correre a cercare il rifugio più vicino. Impara a camminare sotto una leggera pioggia. Se fa caldo, sopporta la sete con moderazione prima di bere, senza esagerare.
  • Non cercare approvazioni: Non pubblicare subito le foto dell’escursione, non vantarti sui social. Tienila per te, come un’esperienza intima.
  • Osserva le tue reazioni: Come ti senti senza i soliti comfort? Cosa impari su te stesso? Queste domande sono l’essenza della pratica cinica.

Conclusioni: una provocazione filosofica

Come tutti gli esercizi filosofici, anche l’escursionismo cinico è una provocazione: ti mette di fronte all’interrogativo su cosa sia davvero importante quando cammini nella natura. Ti chiede di riconsiderare la relazione fra te, il paesaggio, gli strumenti, il superfluo e l’essenziale. Non è detto che tu debba diventare un perfetto “cane-filosofo” in stile Diogene e rinunciare a ogni comodità, ma anche una piccola riduzione del superfluo può aprire orizzonti di comprensione inaspettati.

In un mondo in cui tutto sembra progettato per garantire comfort, l’escursionismo cinico ricorda che l’essere umano può trovare libertà e virtù anche, e forse soprattutto, nella rinuncia al superfluo. Non per odio del piacere, ma per amore della verità e della forza interiore. Camminare come un cinico, in definitiva, è un modo per ricordarci che la vita non è fatta solo di ciò che possediamo, ma anche di ciò che impariamo a non desiderare.

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