Dalla FIE: Il Bando Ambiente della Federazione Italiana Escursionismo: un’iniziativa di Recupero e Sostenibilità dei Siti Naturali

Negli ultimi anni, la crescente sensibilità verso la tutela dell’ambiente e la valorizzazione delle risorse naturali ha portato numerose organizzazioni a impegnarsi in progetti di recupero e sviluppo sostenibile. Un esempio concreto di questo impegno è il Bando Ambiente, promosso dalla Federazione Italiana Escursionismo (FIE), già a partire dal 2023, giungendo nel 2025 alla 3° edizione.

Mira al recupero ambientale e allo sviluppo di siti naturali di valore, incentivando il coinvolgimento delle comunità locali, delle istituzioni disponibili a fare rete e delle Associazioni di escursionismo. Questo bando si inserisce nel più ampio quadro delle politiche di sostenibilità ambientale e di valorizzazione del patrimonio naturale italiano, un patrimonio che è spesso sottovalutato o messo a rischio da fenomeni di abbandono e degrado.

1. Obiettivi del Bando Ambiente

Il Bando Ambiente è nato con l’intento di promuovere la tutela e la valorizzazione degli ambienti naturali, sensibilizzando le persone sull’importanza di un approccio ecosostenibile nella gestione del territorio. In particolare, il bando si rivolge alle Associazioni FIE che possibilmente in collaborazione e sinergia con enti e istituzioni locali desiderino realizzare progetti mirati alla bonifica, al recupero e alla riqualificazione di aree verdi ed ecosistemi naturali di rilevanza paesaggistica e ambientale.

L’obiettivo generale del Bando Ambiente è quello di coniugare la cura del paesaggio naturale con la valorizzazione dell’escursionismo come strumento di sviluppo sostenibile.

Obiettivi specifici sono:

  • Bonificare aree ed ecosistemi naturali facendoli ritornare a nuova vita.
  • Recuperare i sentieri escursionistici: ripristino e manutenzione di percorsi storici e naturali, con l’intento di rendere più fruibile il patrimonio escursionistico italiano.
  • Proteggere e valorizzare le aree naturali: interventi di salvaguardia su aree naturali vulnerabili.
  • Realizzare progetti sostenibili ed efficaci non solo nel breve termine, ma capaci di mantenere nel tempo un impatto positivo sull’ambiente e sulle comunità.

2. Le Aree di Intervento del Bando

Il bando copre un ampio spettro di attività e ambiti in cui i progetti possono essere sviluppati. Tra le principali aree di intervento figurano:

  • Recupero di sentieri e percorsi storici: molti sentieri escursionistici italiani sono abbandonati o poco manutenuti. Questi sentieri rappresentano non solo una risorsa per il turismo e la fruizione dell’ambiente, ma anche una testimonianza storica e culturale. I progetti finanziati dal bando si concentrano sul recupero della segnaletica, la pulizia dei tracciati, e il restauro delle infrastrutture esistenti come ponti e rifugi.
  • Riqualificazione delle aree naturali: numerose zone naturali sono state danneggiate da fenomeni di degrado, abbandono o cattiva gestione. Il bando offre finanziamenti per progetti che puntano a ripristinare la biodiversità, ridurre il rischio di incendi, ripristinare la vegetazione originaria e gestire le risorse naturali in maniera più consapevole.
  • Incentivazione dell’ecoturismo: il bando sostiene anche lo sviluppo di attività turistiche eco-sostenibili, che rispettano l’ambiente e le comunità locali. L’ecoturismo è un potente strumento di sensibilizzazione ambientale, ma allo stesso tempo può essere un motore economico per le zone più remote.

3. I Progetti Finanziati: Casi di Successo

Negli ultimi due anni, il Bando Ambiente ha visto la partecipazione di numerosi progetti che hanno avuto un impatto significativo su diverse aree naturali italiane.

Sono stati finanziati nell’edizione 2024 ben 5 dei progetti in concorso e relativi al recupero e valorizzazione di aree in cinque diverse Regioni di Italia: Liguria, Veneto, Toscana, Lazio e Calabria.

4. I Benefici per la Comunità e l’Ambiente

I benefici dei progetti finanziati dal Bando Ambiente sono molteplici. Innanzitutto, questi interventi favoriscono una gestione più sostenibile e consapevole del territorio, promuovendo il rispetto per la natura e la cultura locale. Inoltre, questi progetti contribuiscono a migliorare la qualità della vita delle comunità locali, offrendo loro nuove opportunità di lavoro legate al turismo ecologico e alla gestione del patrimonio naturale.

I progetti di recupero delle aree naturali hanno anche un impatto positivo sulla biodiversità locale, proteggendo e preservando ecosistemi sensibili. Infine, il coinvolgimento delle associazioni di escursionismo e delle comunità locali permette di rafforzare il senso di appartenenza al territorio e di sensibilizzare il pubblico alla tutela ambientale.

Conclusioni

Il Bando Ambiente promosso dalla Federazione Italiana Escursionismo rappresenta un’importante iniziativa a favore della salvaguardia e della valorizzazione del nostro patrimonio naturale. Con il supporto dell’investimento stanziato dalla FIE per i vincitori del bando e la collaborazione delle comunità locali, questi progetti sono riusciti a restituire valore e fruibilità a numerosi siti naturali, migliorando la qualità dell’offerta escursionistica in Italia e favorendo la diffusione di un turismo ecologico e consapevole. Questi interventi, oltre a preservare il nostro patrimonio ambientale, sono anche un motore di sviluppo per le economie locali, promuovendo un modello di turismo sostenibile che potrebbe rappresentare un futuro a lungo termine per molte zone naturali italiane.

Eleonora Crestani
Giunta Federale

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Dalla FIE: La pulizia dei sentieri: un’attività importante non solo per l’escursionismo

Il mantenimento e la cura dei sentieri naturali rappresentano una delle attività più significative per la salvaguardia degli ambienti rurali e montani, nonché per la promozione di uno stile di vita in armonia con la natura. In un’epoca in cui il rapporto con l’ambiente è divenuto un tema centrale sia nelle politiche pubbliche che nelle scelte individuali, l’attenzione rivolta alla pulizia dei sentieri si configura come un impegno imprescindibile per garantire la sostenibilità degli spazi naturali. L’attività di pulizia va ben oltre la mera rimozione dei rifiuti; essa coinvolge un insieme di pratiche che spaziano dalla manutenzione preventiva alla gestione di emergenze ambientali, coinvolgendo autorità locali, associazioni di volontariato e cittadini consapevoli. Tale sinergia non solo contribuisce a mantenere inalterata la bellezza dei paesaggi, ma svolge anche un ruolo fondamentale nella tutela della biodiversità, nella prevenzione dell’erosione del suolo e nella promozione di una cultura del rispetto verso l’ecosistema.

Il sentiero, inteso come percorso di connessione tra l’uomo e la natura, assume una valenza sia simbolica che funzionale, andando ben oltre il semplice tragitto. Ogni percorso diventa un corridoio di vita in cui flora, fauna e attività umane si intrecciano, rendendo ogni intervento volto alla sua cura un investimento sul futuro ambientale e sociale della comunità. La manutenzione accurata garantisce non solo ambienti più sicuri per gli escursionisti, ma anche spazi in cui il contatto diretto con la natura favorisce il benessere psicofisico, offrendo un’occasione preziosa per rigenerarsi lontano dalla frenesia quotidiana. Una regolare attività di pulizia riduce il rischio di incidenti causati da ostacoli imprevisti – come rami spezzati o detriti – e permette di mantenere un’adeguata segnaletica, indispensabile per orientarsi in territori caratterizzati da una conformazione complessa e variegata.

Dal punto di vista ecologico, la gestione dei sentieri si configura come una misura preventiva essenziale contro il degrado ambientale. La presenza di rifiuti e materiali abbandonati non solo deforma il paesaggio, ma può favorire la proliferazione di specie invasive, alterando l’equilibrio naturale degli habitat circostanti. Rimuovere tempestivamente questi materiali, unitamente a interventi mirati di ripristino del suolo, contribuisce a mitigare i rischi di erosione e desertificazione, fenomeni che minacciano la stabilità degli ecosistemi. Inoltre, il monitoraggio costante dei percorsi offre dati preziosi sullo stato dell’ambiente, strumenti utili per pianificare interventi di conservazione sempre più mirati e per valutare l’impatto delle attività umane sul territorio.

Il valore economico e turistico dei sentieri ben curati non può essere sottovalutato. In molte regioni, il turismo naturalistico rappresenta una risorsa fondamentale per l’economia locale, e percorsi mantenuti con cura sono un elemento distintivo in grado di attrarre visitatori da ogni parte del mondo. La sicurezza degli escursionisti, ottenuta grazie a sentieri puliti e ben segnalati, non solo migliora l’esperienza turistica ma favorisce anche lo sviluppo di attività connesse, quali l’ospitalità e la ristorazione. Investire nella manutenzione dei percorsi diventa così un elemento chiave per stimolare una crescita economica sostenibile, creando un circolo virtuoso in cui il benessere dell’ambiente si traduce in benefici tangibili per l’intera comunità.

L’approccio alla manutenzione dei sentieri deve essere integrato e multidisciplinare, coinvolgendo competenze che spaziano dall’ingegneria ambientale alla gestione dei rifiuti, dalla biologia alla pianificazione territoriale. Tecnologie innovative – come l’uso di droni, sensori ambientali e sistemi di monitoraggio satellitare – hanno rivoluzionato il modo di rilevare e risolvere le problematiche legate ai percorsi naturali. Questi strumenti consentono di individuare in tempo reale aree a rischio, permettendo interventi tempestivi e mirati che uniscono la precisione delle nuove tecnologie all’esperienza degli operatori sul campo. La collaborazione tra istituzioni, enti di ricerca e comunità locali è pertanto imprescindibile per creare reti di monitoraggio efficaci e per sviluppare soluzioni che integrino strumenti moderni con pratiche consolidate.

La sensibilizzazione e l’educazione ambientale giocano un ruolo centrale nel promuovere una responsabilità collettiva verso la tutela dei sentieri. Campagne informative, programmi di formazione rivolti a cittadini, scuole e turisti, e iniziative di volontariato sono strumenti fondamentali per diffondere una cultura del rispetto e della cura del territorio. Quando le persone comprendono che la pulizia dei sentieri non è un atto isolato ma un contributo al benessere generale e alla salute pubblica, si creano le condizioni per un cambiamento positivo e duraturo. Il coinvolgimento attivo della comunità, che va dal partecipare a giornate di pulizia collettiva all’adozione di comportamenti responsabili, trasforma ogni intervento in un’opportunità di crescita sociale e di rafforzamento dei legami tra individui e territorio.

Le dinamiche climatiche e le variazioni stagionali rappresentano ulteriori sfide nella gestione dei sentieri. In seguito a piogge intense o a eventi meteorologici estremi, i percorsi possono subire danni notevoli, rendendo necessari interventi di ripristino e rinforzo strutturale. La resilienza di un sentiero – la capacità di resistere e recuperare da tali eventi – dipende in larga misura dalla frequenza e dalla tempestività degli interventi di manutenzione. In questo contesto, la prevenzione diventa il pilastro su cui si fonda la sicurezza e la durabilità dei percorsi, soprattutto in un’epoca in cui il cambiamento climatico accentua la frequenza e l’intensità delle condizioni meteorologiche estreme.

La dimensione sociale dell’attività di pulizia dei sentieri si manifesta nella capacità di creare un senso di comunità e di appartenenza, rafforzando il legame tra i cittadini e il territorio. La partecipazione alle iniziative di manutenzione, sia organizzate che spontanee, favorisce la creazione di reti di solidarietà e la condivisione di valori legati alla tutela dell’ambiente. Queste attività, oltre a migliorare la fruibilità dei percorsi, diventano momenti di condivisione e di educazione, in cui ogni gesto di cura si trasforma in un contributo significativo alla costruzione di un futuro sostenibile. Il coinvolgimento diretto dei cittadini, unito a politiche pubbliche mirate, permette di creare un ambiente in cui il rispetto per la natura è non solo un valore condiviso, ma anche un impegno concreto e quotidiano.

L’adozione di una visione a lungo termine nella gestione dei sentieri è indispensabile per fronteggiare le sfide ambientali del nostro tempo. In un contesto caratterizzato da cambiamenti rapidi e pressioni antropiche crescenti, la pianificazione strategica diventa fondamentale per garantire la fruibilità e la conservazione dei percorsi. Un approccio integrato, che unisce la pulizia dei sentieri a misure di ripristino ecologico e a programmi di educazione ambientale, genera effetti positivi che si estendono ben oltre il semplice aspetto estetico. La creazione di reti di collaborazione tra enti pubblici, associazioni e cittadini è il fondamento di una gestione efficace che guarda al futuro, trasformando ogni intervento in un tassello essenziale per la tutela del patrimonio naturale.

Analizzando le best practice a livello internazionale, emerge come la manutenzione integrata dei sentieri possa rappresentare un modello esemplare per la protezione dell’ambiente. Le esperienze di realtà che hanno saputo coniugare strategie innovative con l’impegno della comunità dimostrano come la sinergia tra tecnologia e azione diretta possa portare a risultati straordinari. La condivisione di metodologie e conoscenze tra diverse regioni favorisce l’adozione di soluzioni adattabili alle specificità locali, aumentando la resilienza degli ecosistemi e contribuendo a un’efficace risposta collettiva alle emergenze ambientali. In questo quadro, la collaborazione internazionale si configura come un’opportunità per creare reti di supporto capaci di rafforzare la gestione dei sentieri in maniera coordinata e lungimirante.

Il valore educativo e culturale dei sentieri è un aspetto spesso trascurato, ma di inestimabile importanza per il futuro della convivenza tra uomo e natura. Ogni percorso, con le sue peculiarità paesaggistiche e storiche, racconta una storia che va ben oltre l’uso ricreativo. I sentieri rappresentano testimonianze della memoria storica e delle tradizioni locali, e la loro cura diventa un atto di preservazione del patrimonio culturale. Attraverso iniziative di interpretazione ambientale, laboratori didattici e visite guidate, è possibile valorizzare questi spazi, trasformandoli in aule a cielo aperto dove il sapere ambientale si trasmette in maniera diretta e coinvolgente. Questa integrazione tra educazione e gestione del territorio non solo arricchisce il bagaglio culturale dei partecipanti, ma stimola anche una maggiore consapevolezza dei processi naturali e delle dinamiche ecologiche.

Il beneficio sulla salute pubblica, indissolubilmente legato alla cura dei sentieri, si rivela attraverso la promozione di stili di vita attivi e sostenibili. L’accesso a spazi naturali ben mantenuti favorisce l’attività fisica, riducendo il rischio di patologie legate alla sedentarietà e allo stress quotidiano. Un ambiente curato e pulito diventa il palcoscenico ideale per praticare escursionismo, ciclismo e altre forme di mobilità sostenibile, contribuendo così al benessere psicofisico degli individui e, di conseguenza, a una riduzione dei costi sanitari collettivi. Investire nella manutenzione dei sentieri significa, dunque, investire sulla salute della comunità, creando un legame virtuoso tra la tutela dell’ambiente e il miglioramento della qualità della vita.

In definitiva, l’importanza della pulizia dei sentieri si manifesta in una molteplicità di aspetti che spaziano dalla tutela dell’ambiente alla promozione di un turismo responsabile, dalla prevenzione dei rischi legati all’erosione alla diffusione di una cultura del rispetto per la natura. Ogni intervento, per quanto possa sembrare di natura tecnica, ha ricadute positive su ogni livello: sociale, economico, culturale e ambientale. La cura dei percorsi diventa così un atto di responsabilità collettiva, un investimento nel futuro delle generazioni e un segnale forte della volontà di costruire un mondo in cui la sostenibilità non sia solo un obiettivo, ma una realtà quotidiana.

Scoprire, proteggere e valorizzare i sentieri significa riconoscere il valore inestimabile di ogni angolo di natura e la necessità di un impegno costante e condiviso. Ogni passo percorso su un sentiero pulito diventa il simbolo tangibile di una convivenza armoniosa tra uomo e ambiente, in cui il benessere del territorio si trasforma in benessere collettivo. L’attività di manutenzione, unita a una strategia di educazione e prevenzione, costituisce la chiave per garantire che questi percorsi rimangano intatti e fruibili, oggi e domani. È in questo spirito che la cura dei sentieri si configura come un pilastro fondamentale per la salvaguardia del nostro patrimonio naturale, un patrimonio che va protetto, valorizzato e tramandato con orgoglio alle future generazioni.

La strada verso un futuro sostenibile si costruisce giorno dopo giorno, passo dopo passo, con l’impegno di ogni singolo individuo e la collaborazione di intere comunità. La cura dei sentieri non è solo una questione di estetica, ma il riflesso di un’attitudine etica e responsabile, capace di trasformare piccoli gesti quotidiani in azioni che, sommate, generano un impatto profondo e duraturo. In questo percorso, il valore della pulizia dei sentieri si rivela come una leva fondamentale per la tutela dell’ambiente, per lo sviluppo di un’economia sostenibile e per il rafforzamento del senso di comunità, dimostrando che ogni azione, per quanto possa sembrare minuta, contribuisce in maniera decisiva a scrivere la storia di un territorio e di una società che sa guardare al futuro con speranza e determinazione.

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Dalla FIE: Accelerare il metabolismo: come intervallare le uscite per massimizzare i benefici

Accelerare il metabolismo rappresenta una sfida affascinante per chi desidera ottimizzare la propria forma fisica e migliorare il benessere complessivo, e intervallare le uscite rappresenta uno strumento prezioso per raggiungere questo obiettivo in maniera naturale e sostenibile. L’idea di combinare momenti di esercizio a ritmo elevato con periodi di recupero attivo permette non solo di stimolare il sistema energetico in modo più efficace, ma anche di ottenere benefici che vanno ben oltre il semplice aumento della combustione calorica durante l’attività. Quando si parla di accelerare il metabolismo, ci si riferisce a un insieme di processi biologici che regolano la trasformazione delle sostanze nutritive in energia, un fenomeno influenzato da molteplici fattori, quali l’età, la composizione corporea, il livello di attività fisica e persino lo stress psicologico. L’approccio degli intervalli, che prevede l’alternanza di fasi di lavoro intenso e momenti di recupero, si rivela particolarmente efficace in questo ambito, poiché permette al corpo di attivare meccanismi fisiologici fondamentali, come l’aumento della produzione di ormoni benefici e la stimolazione della sintesi mitocondriale, contribuendo così a una maggiore efficienza nel processo di ossidazione dei grassi e nell’utilizzo dell’energia.

In questo contesto, intervallare le uscite diventa una strategia che va oltre il semplice esercizio aerobico tradizionale. Quando si cammina a ritmo variabile, alternando tratti in cui il passo accelera e altri in cui si recupera, il corpo è costretto a rispondere in maniera dinamica alle richieste energetiche. Questo stimolo intermittente favorisce un fenomeno noto come effetto post-combustione, il quale porta a un incremento del dispendio energetico anche a riposo, rendendo il metabolismo più attivo per ore dopo l’allenamento. Le evidenze scientifiche suggeriscono che questo metodo di allenamento possa contribuire a migliorare la sensibilità insulinica, favorire la regolazione dei livelli di glucosio nel sangue e supportare il mantenimento di una composizione corporea più equilibrata, soprattutto in termini di riduzione del grasso corporeo e aumento della massa muscolare.

Il meccanismo alla base di questi benefici si fonda sull’abilità del corpo di adattarsi rapidamente alle variazioni di intensità. Durante i periodi di lavoro intenso, si verifica un aumento del consumo di ossigeno e una maggiore produzione di energia attraverso processi anaerobici e aerobici. Questo aumento dell’attività metabolica induce una risposta ormonale, con la secrezione di adrenalina e noradrenalina, che contribuiscono a mobilitare gli acidi grassi dai depositi adiposi, rendendoli prontamente disponibili come fonte di energia. I successivi momenti di recupero attivo, invece, permettono al corpo di consolidare questo processo, favorendo la rimozione dei prodotti metabolici e la rigenerazione delle riserve energetiche. In pratica, l’alternanza fra intensità e recupero crea un ciclo virtuoso che, ripetuto nel tempo, porta a un miglioramento della capacità del corpo di gestire gli stress metabolici, rendendo il sistema energetico più flessibile e reattivo.

È importante sottolineare come l’intervallare le uscite non implichi necessariamente l’esecuzione di esercizi estremamente intensi, ma piuttosto una modulazione del ritmo in modo da creare una variazione naturale del carico di lavoro. Adottare questo approccio significa, ad esempio, scegliere percorsi che alternino tratti pianeggianti a salite leggere, dove il ritmo aumenta gradualmente, seguito da tratti di discesa o camminata in piano che consentono un recupero attivo. Questo tipo di allenamento risulta accessibile a una vasta gamma di soggetti, dai neofiti agli atleti più esperti, poiché l’intensità può essere adattata alle capacità individuali e alle condizioni fisiche del momento. La chiave sta nell’ascolto del proprio corpo e nel riconoscere i segnali di affaticamento, evitando di spingersi oltre i limiti personali per non incorrere in infortuni o in una fatica eccessiva che potrebbe vanificare i benefici ottenuti.

Il concetto di “intervallo” si applica anche alla frequenza delle uscite nel corso della settimana. Piuttosto che impegnarsi in sessioni prolungate di esercizio a ritmo costante, l’ideale è pianificare allenamenti che includano momenti di intensità variabile, alternando giornate dedicate a uscite a ritmo moderato a sessioni in cui si integrano brevi periodi di cammino veloce o salite più impegnative. Questa strategia permette al metabolismo di “risvegliarsi” e mantenersi attivo anche durante le ore di riposo, con un effetto benefico noto come post-combustione. In termini pratici, è possibile strutturare una settimana di allenamento in cui, ad esempio, due o tre giorni siano dedicati a uscite con intervalli strutturati, mentre il resto del tempo viene impiegato per camminate a ritmo costante e di recupero. Tale organizzazione non solo migliora l’efficienza metabolica, ma aiuta anche a prevenire il rischio di sovraccarico, favorendo un recupero ottimale e riducendo il rischio di lesioni.

Un ulteriore aspetto da considerare riguarda l’importanza della durata e dell’intensità degli intervalli. Studi recenti indicano che, per ottenere un effetto metabolico significativo, è necessario raggiungere soglie di intensità che stimolino il sistema cardiovascolare senza però esagerare con sforzi che possano risultare controproducenti. In questo senso, la misurazione della frequenza cardiaca può rappresentare un utile strumento di monitoraggio: mantenere i picchi di intensità entro una percentuale adeguata del battito cardiaco massimo permette di garantire un allenamento efficace, bilanciando i benefici dell’attività fisica con la sicurezza e il benessere del soggetto. L’utilizzo di dispositivi indossabili, ormai sempre più diffusi, consente di tracciare in tempo reale l’andamento dell’attività, offrendo dati preziosi per personalizzare ulteriormente gli interventi e ottimizzare il rapporto tra sforzo e recupero.

Parallelamente all’aspetto fisico, l’effetto psicologico di un allenamento intervallato non va sottovalutato. La variabilità del ritmo e il cambiamento costante dell’intensità mantengono alta la motivazione e riducono il rischio di monotonia, favorendo un’esperienza più coinvolgente e gratificante. Questo approccio dinamico è in grado di stimolare non solo il corpo, ma anche la mente, rendendo l’attività fisica un momento di svago e di connessione con se stessi. Il piacere di alternare fasi di spinta ad altre di rilassamento aiuta a sviluppare una maggiore consapevolezza del proprio corpo e a riconoscere i segnali che indicano quando è il momento di accelerare o di rallentare, contribuendo a creare una relazione più equilibrata e sostenibile con l’esercizio fisico.

L’alimentazione gioca un ruolo complementare fondamentale in questo contesto. Per massimizzare i benefici di un’attività fisica intervallata, è essenziale adottare un regime nutrizionale che supporti l’aumento del metabolismo. L’assunzione di carboidrati complessi, proteine di alta qualità e grassi sani fornisce l’energia necessaria per affrontare i picchi di intensità e favorisce il recupero muscolare dopo l’allenamento. Inoltre, mantenere un’adeguata idratazione è cruciale per garantire un funzionamento ottimale delle cellule e per facilitare i processi metabolici. Anche piccoli accorgimenti, come uno spuntino pre-allenamento a base di frutta o una bevanda arricchita con elettroliti, possono fare la differenza nel sostenere l’energia e prevenire la fatica.

Nel percorso verso un metabolismo più attivo, è importante anche considerare il ruolo del riposo e del recupero. L’equilibrio tra esercizio e riposo è determinante per evitare il fenomeno dell’overtraining, che può infatti portare a un rallentamento del metabolismo e a un aumento del rischio di infortuni. Programmare giorni di recupero attivo, durante i quali l’attività fisica viene mantenuta a livelli bassi e costanti, permette al corpo di rigenerarsi e di assimilare i benefici degli allenamenti intensi. Questo approccio olistico, che integra esercizio, alimentazione e riposo, rappresenta il segreto per accelerare il metabolismo in modo naturale e duraturo, trasformando ogni uscita in un’occasione per migliorare la salute e la qualità della vita.

Il concetto di “intervallare le uscite” diventa così una filosofia di allenamento, capace di trasformare una semplice passeggiata in un vero e proprio percorso di benessere globale. L’adozione di questa strategia non solo aiuta a bruciare più calorie, ma stimola anche la produzione di enzimi e ormoni che favoriscono la trasformazione dei nutrienti in energia, rendendo il corpo più efficiente e resiliente. La regolarità degli allenamenti, unita a una pianificazione attenta e personalizzata, può portare a risultati tangibili nel medio-lungo termine, migliorando la capacità di resistere agli stress quotidiani e contribuendo a una migliore gestione del peso. In un’epoca in cui la sedentarietà e lo stress rappresentano minacce concrete per la salute, adottare un approccio intervallato all’attività fisica diventa una scelta consapevole per preservare e potenziare il proprio benessere, trasformando ogni uscita in un investimento prezioso per il futuro.

L’esperienza maturata da numerosi praticanti testimonia come la variazione del ritmo non solo renda l’allenamento più stimolante, ma favorisca anche una maggiore adattabilità del sistema metabolico a diverse condizioni ambientali e fisiologiche. Ogni passo, ogni accelerazione e ogni momento di recupero, se eseguiti in modo consapevole, rappresentano tasselli fondamentali in un percorso che mira a rendere il corpo un’armoniosa macchina capace di sfruttare al meglio le risorse energetiche. La chiave del successo risiede nella personalizzazione dell’allenamento: ascoltare il proprio corpo, adeguare l’intensità degli sforzi alle proprie condizioni e non avere fretta di raggiungere risultati immediati. È un percorso che richiede costanza, pazienza e un’attenzione particolare alle sensazioni che emergono durante l’attività, ma che, a lungo termine, premia con benefici che si riflettono in una migliore qualità della vita e in una salute ottimale.

Le evidenze scientifiche e le esperienze sul campo suggeriscono che un approccio ben strutturato, che alterna momenti di lavoro intenso a fasi di recupero, possa incrementare significativamente il metabolismo basale, rendendo il corpo capace di bruciare calorie in maniera più efficiente anche durante il riposo. Questo effetto, noto come consumo di ossigeno in eccesso post-esercizio (EPOC), è uno dei meccanismi chiave che permette di prolungare i benefici dell’attività fisica ben oltre il termine della sessione di allenamento. In definitiva, l’adozione di uscite intervallate rappresenta un’opportunità preziosa per chi desidera non solo migliorare la propria performance fisica, ma anche investire nella salute a lungo termine, sfruttando le potenzialità del proprio metabolismo in un’ottica integrata e sostenibile.

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Da FIE Toscana:Giornata Sentieri Puliti – Riempi il tuo sacchetto 

Da una tesina sul “plogging” ed un evento annuale di successo dell’Associazione Gruppo Escursionisti Berardenga, il 29 marzo 2025 si è tenuta la prima edizione  della giornata 

“Sentieri puliti – riempi il tuo sacchetto!” Quando l’ambiente unisce.


Questi i commenti delle associazioni partecipanti:

Camminare nella Montagnola Senese e Bellavista Escursioni
L’esperienza è stata importante non solo per recare benefici all’ambiente, ma per socializzare con altri, peccato che non è semplice farlo capire ai soci dei gruppi.

Trekking Biblico di Follonica.
Grande sinergia tra gli Adolescenti del Gruppo parrocchiale Trekking Biblico di Follonica (GR) ed il gruppo di Follonica “Vogliamo una città pulita”. Il risultato si vede e, purtroppo, non è tutto qui! La notevole quantità di sacchi neri non è stata sufficiente per la quantità di sporco presente nel bosco. Abbiamo dovuto interrompere in anticipo l’intervento. Un ringraziamento particolare anche al Comune di Follonica.

Lo Scarpone di Prato ed Avventura Trekking
I partecipanti alla partenza e all’arrivo (una buona parte dei sacchetti con lo sporco raccolto era già stata lasciata a metà strada). Si ringraziano le associazioni che hanno partecipato con noi e in particolare il Gruppo Archeologico di Carmignano e Avventura trekking, che hanno contribuito a rendere la giornata una bella esperienza di condivisione e conoscenza del territorio. Iniziativa da ripetere sicuramente.

Gruppo Trekking Bagno a Ripoli & Gruppo Escursionisti Barberinesi
Oggi, accogliendo l’invito della FIE per una giornata di “Sentieri Puliti”, ci siamo uniti al GEB – Gruppo Escursionisti Barberinesi, che ringraziamo per la perfetta organizzazione, per la pulizia di alcuni sentieri nella zona di Barberino di Mugello. La nostra squadra si è occupata di un tratto del sentiero 52 lungo il quale abbiamo raccolto ogni specie di rifiuti: plastica di tutti i tipi, bottiglie di vetro, mobili, componenti di auto ed anche un bidet praticamente nuovo e di ottima ceramica, forse lasciato da qualcuno che non ha le idee chiare su cosa significa un “ambiente pulito”. O forse i cinghiali della zona ci tengono particolarmente all’igiene. Chissà?
Alla Protezione Civile ci sono voluti tre viaggi con il pick up per trasportare tutto quello che avevamo raccolto fino al punto dove lo avrebbe prelevato Alia.
La cosa più bella è stata non solo aver fatto un’azione positiva, ma averla fatta incontrando nuovi amici, nello spirito che anima la nostra Federazione e nel solco di un escursionismo che non sia solo camminare, ma raggiungere un più alto livello di consapevolezza ambientale e di buone pratiche.

Nuovo Eco 88 Escursionismo – Il Valico – Gruppo Escursionisti Fiesole.
Con molto entusiasmo, oggi abbiamo partecipato all’iniziativa “Sentieri Puliti-riempi il tuo sacchetto”, promossa dal Comitato Regionale Toscana con le Associazioni affiliate FIE. Il nostro gruppo escursionistico ha aderito insieme ad altri due gruppi amici dell’area fiorentina, con l’obiettivo di ripulire parte degli argini nell’intersezione tra il fiume Arno e il suo affluente Bisenzio. È stata una giornata entusiasmante all’insegna del vivere insieme la cura dell’Ambiente, in cui tutti i partecipanti hanno collaborato con impegno e solerzia, raccogliendo una marea di rifiuti, portati anche dalla piena dei due fiumi di quindici giorni fa, consegnati poi ad ALIA, la società di gestione del ciclo integrato dei rifiuti della Toscana centrale. È stata una bella manifestazione collettiva e ambientale che speriamo porti sempre più ad una maggiore consapevolezza nel rispetto di ciò che ci circonda, all’insegna della convivialità. È sicuramente un’iniziativa nobile e formativa, che merita sicuramente di essere ripetuta nei prossimi anni, incrementandone la sua divulgazione nei vari canali comunicativi.


Dalla FIE: L’escursionismo e l’etnobotanica – Parte 1

L’importanza dello stretto rapporto che instauriamo con la natura legato anche alla conservazione del nostro patrimonio culturale.

Fin dai primordi della storia l’uomo si è avvicinato al mondo vegetale con un rapporto le cui regole erano dettate dalle necessità di sussistenza, cercando in esso in primis i materiali per nutrirsi, per costruire le proprie case. Con l’evolversi delle strutture sociali questo legame si è articolato in modo più complesso, con l’utilizzo ad esempio dell’impiego delle piante in tutti gli ambiti dell’attività umana, da quello agricolo-pastorale, igienico-cosmetico, ma anche rituale, ruoli in cui spesso le piante assumono un’unica ricca valenza nella sfera della magia e delle credenze religiose. Lo sviluppo di questo rapporto, osservato in chiave storica, ha visto la sua evoluzione di pari passo con l’acquisizione di novi elementi di conoscenza.

Ogni popolo ha instaurato con il mondo delle piante un rapporto di stretta connessione e per molti aspetti di interdipendenza. Lo studio di questo tipo di relazione è l’etnobotanica, è una scienza interdisciplinare che studia l’uso e la percezione delle specie vegetali all’interno della società umana.

Perché ho premesso questo? Gli unici motivi sono la passione per ciò che incontro durante le escursioni, la conseguente voglia di classificare e conoscere ciò che non conosco e la voglia di ricercare, oltre alla semplice scheda botanica, tutte quelle leggende, aneddoti, usi fitoterapici ed altro, strettamente legati all’elemento preso in osservazione

Inizierò quindi da un albero di cui sono ricchi i nostri boschi, che annovera in Italia ma anche all’estero esemplari di dimensioni ragguardevoli ed al quale sono legate tantissime interessanti storie da raccontare, anche ai più giovani, prima che vadano perdute, con la speranza che un pò di favola ed un pò di ironia possa accendere in loro la curiosità che ci rende vivi e spettatori di uno spettacolo che ogni giorno abbiano gratuitamente sotto agli occhi.

La Quercia

Intanto c’è da dire subito che la famiglia delle Fagacee a cui essa appartiene comprende tantissime varietà:

  • Quercus ilex (leccio),
  • Quercus pubescens (roverella),
  • Quercus cerris (cerro),
  • Quercus suber (sughera),
  • Quercus petraea (rovere),
  • Quercus robur (farnia).

Le differenze tra le varietà sono molteplici: anche se tutte appartengono alla stessa famiglia. Vediamo di capirci qualcosa per poterle riconoscere.

Il leccio produce come le altre quercus la ghianda ma a differenza delle cuginette è sempre verde, mentre le altre quercus sono caducifoglie. Il cerro si riconosce molto bene dal ricciolo che ricopre la capsula che contiene la ghianda.  Altro modo per distinguerle è il peduncolo della ghianda e la lobatura e dentatura delle foglie che varia da specie a specie.

Ghianda del leccio

Giusto perché vi venga un pochina di curiosità ed andiate a vedere di cosa parlo, perché lo scopo principale non era questo.

La quercia è un affascinante albero, ricco di storia e aneddoti, simbolo di fortezza (“forte come una quercia”) utile in ogni sua parte sia come nutrimento che come sostentamento di tanti esseri viventi, osannato in poemi e utilizzato dai filosofi; ha un’aurea di sacralità, molte delle storie e delle leggende su questo albero sono in qualche modo legate al sacro. Nell’antica Grecia ad esempio era l’albero consacrato a Zeus; i romani usavano adornare il capo di chi aveva dimostrato valore con una corona composta da rami di quercia. Privilegio della quercia era l’ospitare delle ninfe: le driadi (che potevano abbandonare l’albero, da qui il divieto di abbattere la quercia), e le amadriadi che invece morivano con la pianta. Le amadriadi venivano considerate come immortali ed appena una quercia era in pericolo, esse scoppiavano in pianti e lamenti minacciosi, e così via, si potrebbe scrivere all’infinito.

Volevo invece raccontarvi il motivo per cui questa bellissima pianta conserva le sue foglie ormai essiccate ancora attaccate sui suoi rami fino allo spuntare delle nuove gemme.

Secondo un’antichissima leggenda sarda il Diavolo si recò da Dio, chiedendoli di avere potere sui boschi e sulle foreste. Dio gli concesse quanto chiesto soltanto nel momento in cui boschi e foreste saranno privi di fogliame. Saputa la notizia dell’avvenuto patto gli alberi del bosco iniziarono a preoccuparsi ed agitarsi. Il carpino, il tiglio, il faggio e l’olmo si chiedevano avviliti cosa fare per non avere quell’ospite così indesiderato tra di loro. Al faggio venne l’idea di consultare la grande quercia che dopo aver ben riflettuto decise di tentare di trattenere le foglie secche sui suoi rami almeno fino a quando agli altri alberi non fossero spuntate le nuove gemme. Così avvenne ed il Diavolo fu beffato. Da allora la savia quercia trattiene il fogliame secco per tutto l’inverno, finché in primavera non iniziano a spuntare sui suoi rami le prime foglioline verdi.

Un altro simpatico aneddoto relativo alla quercia ci trasferisce in Germania alla scoperta di un insolito Cupido. Nonostante ad oggi esistano tantissime app e siti che promettono di far trovare l’anima gemella in Germania ad Eutin esiste un albero a cui hanno assegnato anche un indirizzo postale perché questa fantastica quercia riceve circa 40 lettere d’amore al giorno da tutto il mondo, circa 1000 all’anno. La “Quercia dello sposo” trovatasi ad essere l’inconsapevole protagonista di una storia d’amore a lieto fine nel 1890, in cui i due innamorati, le cui famiglie non ne volevano sapere di farli mettere insieme, decisero di incontrarsi scambiandosi lettere che poi lasciavano in un nodo di questo albero; furono poi scoperti, ma quando furono lette tutte le loro lettere i genitori acconsentirono finalmente a farli sposare. Strana moda amorosa quella che dal 1927 vede persone di tutti i generi, alla ricerca dell’amore, scrivere all’indirizzo della quercia dello sposo con la speranza di trovare finalmente ciò che cercano….

Vi do l’indirizzo, non si sa mai:

Bräutigamseiche -Dodauer Forst – 23701 Eutin – Germania

In Toscana ci sono esemplari di quercia di grandissime dimensioni. Vi elenco due tra le più famose:

  • La quercia delle streghe a Collodi (esemplare di Quercus ruber-Farnia), sui cui rami queste donne amavano adagiarsi per le loro strane riunioni e sotto alla cui ombra sembra perfino che l’autore di Pinocchio amasse sedersi per la scrittura del suo libro, in cui la cita quado ci racconta che gli assassini vi impiccarono Pinocchio. Vanta circa 600 anni. Salvata dai nazisti che ne volevano fare legna da ardere, colpita poi da un fulmine negli anni Sessanta. Ha subito diversi danni anche a causa del continuo calpestio delle sue radici ad opera dei turisti.
  • La quercia delle Checche (checca è il nome con cui in alcune zone della Toscana si indica la gazza). Sembra che l’esemplare (Quercus petraea-rovere), vanti circa 380 anni. Questo albero ha ottenuto nel 2017 il riconoscimento MiBACT (primo monumento verde d’Italia). Purtroppo adesso non versa in buonissime condizioni a causa del crollo di alcuni rami, degli atti vandalici a cui è stata sottoposta ed i “soliti litigi” sulle competenze di chi deve o non preservarla……

Gli usi di questa bellissima pianta:

  • per il legno duro, resistente ed aromatico, si usa in edilizia, carpenteria e produzione di botti per il vino;
  • per la produzione di tannino, sostanza utilizzata per la concia delle pelli;
  • alcune delle sue specie producono ghiande commestibili che una volta venivano utilizzate come fonte di cibo da molte culture.

Per l’uso fitoterapico/medicinale: alcune delle sostanze contenute nella quercia hanno proprietà astringenti, emostatiche, antinfiammatorie, analgesiche del cavo orale. Utilizzato come decotto o infuso per lavarsi, diminuisce la sudorazione.  Sono piante visitate dalle api per la produzione di miele di melata, chiamato anche miele di bosco perché non deriva dalla raccolta del nettare dei fiori, ma da una sostanza dolce (la melata appunto) prodotta da alcuni insetti che succhiano ed elaborano la linfa per nutrirsene. A proposito di insetti, le loro punture sulla quercia provocano la creazione di strani oggetti che vi sarà sicuramente capitato di vedere: le galle. Eccone alcuni esempi:

Alla prossima puntata…

Marta Cantagalli
Accompagnatrice Escursionistica
Toscana

L’articolo L’escursionismo e l’etnobotanica – Parte 1 proviene da FIE Italia – Federazione Italiana Escursionismo.

Dalla FIE: Consegnati i presidi sanitari agli AE del Gruppo Camminiamo Insieme Coop

Nella consueta riunione organizzativa degli Accompagnatori Coop, avvenuta venerdì 28 febbraio 2025, sono stati distribuiti agli accompagnatori alcuni presidi per l’intervento di primo soccorso da portarsi nello zaino. L’auspicio è che non debbano mai servire!

In questa occasione si è ribadita l’importanza che ciascun capogita  ricordi agli escursionisti della propria giornata, di inserire nello zaino la scheda sanitaria, debitamente compilata,  consegnata ad inizio anno, in busta chiusa. Tale documento potrà essere di fondamentale importanza nel caso di infortunio, per la squadra  soccorso del 112.

Gabriele Parcelli
Accompagnatore Escursionistico
Gruppo Camminiamo Insieme Coop


La redazione del sito, dopo aver letto a proposito della scheda sanitaria ha ritenuto utile chiedere un supplemento di informazioni, per mettere i lettori a conoscenza nel dettaglio di una buona pratica che tutte le associazioni potrebbero valutare e adottare. Poche informazioni, ma importanti per l’anamnesi di un paziente ospedalizzato, conservate in una busta chiusa per tutelare la privacy degli escursionisti.

Un semplice accorgimento per la sicurezza dei partecipanti alle escursioni, sempre con la speranza che non debba mai servire.


Informazioni sanitarie personali

Nome………………………………….. cognome…………………………………………………

Nato/a il ……………………………..    luogo di nascita…………………………………………

Le informazioni seguenti riguardano il tuo stato di salute attuale e importanti malattie/traumi pregressi. Sarà tua cura conservare queste informazioni, in busta chiusa, e possibilmente in una busta impermeabile, nello zaino, a disposizione del solo personale sanitario che dovesse intervenire in soccorso.

Sei in buone condizioni di salute?

Si  (nessuna malattia o patologia)

No (indica da quale patologia sei attualmente affetto)

————————————————————————————————

Attualmente assumi regolarmente farmaci?

No

Si    (indica quali)

—————————————————————————————————-

In passato hai avuto malattie/traumi importanti?

No

Si   (indica quali)

————————————————————————————————–

Indica uno o più numeri telefonici da avvisare in caso di emergenza:

ICE 1——————————————- ICE 2—————————————-

Nota bene: nelle patologie indica anche se sei affetto da ipertensione, diabete, epilessia, allergie a farmaci.

Data……………………………………….                             Firma…………………………………

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Dalla FIE: Esposizione perfetta: cosa sono ISO, tempi e diaframmi nella fotografia all’aria aperta

Nel vasto universo della fotografia all’aria aperta, raggiungere l’esposizione perfetta rappresenta una sfida affascinante e, al contempo, un percorso di scoperta continua che unisce la tecnica alla sensibilità artistica. Quando si scatta una fotografia immersi nella luce naturale, ogni dettaglio – dall’abbagliante intensità dei raggi solari a quella tenue luminosità che preannuncia il crepuscolo – diventa parte integrante di un complesso equilibrio. In questo contesto, comprendere a fondo i parametri tecnici come ISO, tempi di posa e diaframmi non è solo essenziale per ottenere scatti tecnicamente impeccabili, ma diventa anche lo strumento con cui il fotografo esprime la propria visione del mondo. L’ISO, che misura la sensibilità del sensore alla luce, gioca un ruolo fondamentale: valori bassi sono preferibili in condizioni di forte luminosità, permettendo di mantenere un livello di dettaglio elevato e di minimizzare il rumore digitale, mentre in situazioni di luce debole è possibile aumentare l’ISO per catturare la scena in maniera corretta, pur accettando un lieve compromesso sulla purezza dell’immagine. Questo compromesso, però, non deve essere visto come un limite, bensì come una scelta consapevole che il fotografo deve saper bilanciare in base alle condizioni ambientali e all’effetto artistico desiderato.

I tempi di posa, o tempi di esposizione, rappresentano la durata durante la quale l’otturatore rimane aperto, consentendo alla luce di imprimersi sul sensore. Questo parametro offre al fotografo l’opportunità di giocare con il movimento: tempi lunghi possono trasformare il fluire dell’acqua in una cascata setosa o catturare il movimento dinamico delle nuvole in un cielo in continua evoluzione, donando un senso di fluidità e magia allo scatto; tempi brevi, invece, sono indispensabili per congelare il movimento, immortalando istanti di azione in modo nitido e preciso, come il battito d’ali di un uccello o il rapido movimento di un animale selvatico. La scelta del tempo di posa ideale dipende dalla scena e dal messaggio che si vuole trasmettere: un fotografo che desidera comunicare la calma e la serenità di un paesaggio al tramonto potrebbe optare per un’esposizione più lunga, mentre chi intende catturare la vitalità e l’energia di un momento fugace dovrà prediligere tempi di posa molto brevi. A questo proposito è significativa la foto di copertina dell’articolo, che mostra una fotografia con tempi di esposizione lunghissimi del Canale della Manica.

Il diaframma, espresso in f-stop, regola l’apertura dell’obiettivo, influenzando direttamente la quantità di luce che raggiunge il sensore e la profondità di campo dell’immagine. Un diaframma ampio, contrassegnato da valori numerici bassi, permette di isolare il soggetto sfocando lo sfondo e creando quel caratteristico effetto bokeh che dona intensità ed emotività all’immagine. Al contrario, un diaframma ridotto, indicato da valori numerici alti, garantisce una maggiore profondità di campo, rendendo nitidi sia il soggetto principale che lo scenario circostante – una scelta ideale quando si desidera catturare la vastità di un paesaggio e preservarne ogni dettaglio. La decisione sul diaframma va quindi ponderata in funzione del soggetto, del contesto ambientale e del risultato estetico che si intende ottenere, facendo spesso emergere la necessità di un compromesso tra creatività e precisione tecnica.

La vera magia, tuttavia, si manifesta nell’armoniosa interazione di questi tre elementi, che insieme formano il cosiddetto triangolo dell’esposizione. Ogni modifica apportata a uno di questi parametri influenza in modo diretto gli altri, costringendo il fotografo a un costante gioco di compensazioni. Per esempio, in una luminosa giornata estiva in cui la luce solare è intensa, si può decidere di utilizzare un ISO molto basso per mantenere la massima qualità dell’immagine; di conseguenza, per evitare una sottoesposizione, è necessario regolare il diaframma in modo da permettere l’ingresso di una quantità sufficiente di luce, magari aprendolo di più, oppure allungare leggermente il tempo di posa. Al contrario, in condizioni di luce soffusa, come durante un’alba o un tramonto, l’uso di un ISO più elevato diventa quasi inevitabile per garantire un’esposizione corretta, ma ciò richiede una gestione attenta per non introdurre un eccesso di granulosità che potrebbe intaccare la qualità dell’immagine. La capacità di valutare in tempo reale le condizioni di luce e di agire di conseguenza, adattando in maniera dinamica ciascun parametro, rappresenta una competenza che si affina con l’esperienza e lo studio, diventando il segreto per ottenere scatti che siano non solo tecnicamente perfetti, ma anche in grado di trasmettere emozioni e raccontare storie.

Nel contesto della fotografia naturalistica, dove la luce è un elemento in costante mutamento, la padronanza del triangolo dell’esposizione si traduce in una continua sfida intellettuale e creativa. Durante una passeggiata in montagna, ad esempio, il fotografo si trova a dover affrontare non solo il contrasto tra le zone illuminate e quelle in ombra, ma anche il rapido mutare delle condizioni meteorologiche: una leggera foschia mattutina, il bagliore intenso del sole a mezzogiorno, il delicato chiaroscuro del tardo pomeriggio. Ognuna di queste situazioni richiede una diversa combinazione di ISO, tempi e diaframmi, e la capacità di adattarsi rapidamente diventa un elemento chiave per immortalare la bellezza effimera del paesaggio. Non si tratta dunque soltanto di applicare regole fisse, ma di saper leggere e interpretare la luce, anticipando le variazioni e sfruttando ogni opportunità per creare immagini che siano autentiche e cariche di significato.

L’evoluzione tecnologica degli strumenti fotografici ha reso accessibili molte funzioni automatiche, come le modalità di scatto in priorità di apertura o di tempo, che possono essere utili a chi sta iniziando il proprio percorso. Tuttavia, la vera eccellenza risiede nella capacità di passare dalla modalità automatica a quella manuale, dove il fotografo diventa il vero artefice della propria opera. In questa modalità, ogni scatto si trasforma in un laboratorio sperimentale, in cui la conoscenza teorica si integra con l’esperienza pratica per dare vita a composizioni uniche e personalizzate. La sfida consiste nel trovare il giusto equilibrio tra la tecnica e l’ispirazione, tra la necessità di rispettare i parametri tecnici e quella di lasciarsi guidare dall’istinto creativo. È in questo contesto che il concetto di “esposizione perfetta” assume una valenza quasi poetica, diventando l’espressione della volontà di catturare un momento unico e irripetibile, dove luce e ombra si fondono in un’armonia visiva che va oltre il semplice atto del fotografare.

La pratica costante, l’analisi attenta dei propri scatti e la sperimentazione sono gli strumenti indispensabili per affinare questa arte. Ogni errore, ogni scatto imperfetto, rappresenta un’opportunità di apprendimento che permette di comprendere meglio come reagire alle condizioni ambientali e come sfruttare al massimo le potenzialità della propria fotocamera. Con il tempo, il fotografo impara a percepire la luce in modo quasi intuitivo, a riconoscere quel delicato gioco di contrasti che può trasformare una semplice immagine in un’opera d’arte. Il risultato finale non è solo un’immagine ben esposta, ma un racconto visivo che parla di paesaggi, emozioni e storie, capaci di trasmettere la maestosità della natura e l’unicità di ogni istante.

In definitiva, l’arte dell’esposizione perfetta è il risultato di una sintesi complessa e affascinante di conoscenza tecnica e sensibilità artistica. La gestione accurata degli ISO, dei tempi di posa e dei diaframmi permette di superare le limitazioni imposte dalle condizioni ambientali e di esprimere al meglio la propria creatività. Ogni fotografia diventa così una testimonianza autentica del dialogo continuo tra il fotografo e il mondo che lo circonda, un percorso di esplorazione in cui ogni scatto rappresenta un tassello fondamentale di un racconto visivo in continua evoluzione. La bellezza della fotografia all’aria aperta risiede proprio in questa capacità di trasformare la realtà in emozione, di catturare un attimo di luce e di renderlo eterno. Con passione, dedizione e una costante voglia di migliorarsi, ogni fotografo può scoprire il piacere di dominare il triangolo dell’esposizione, trasformando ogni sfida tecnica in un’opportunità per creare immagini che siano al tempo stesso precise, evocative e profondamente umane.

Scoprire e sperimentare le infinite possibilità offerte dalla combinazione di ISO, tempi e diaframmi è un viaggio che non finisce mai, una continua ricerca della perfezione che si arricchisce di nuove sfumature ad ogni scatto. In questo percorso, la luce diventa il linguaggio universale con cui raccontiamo il nostro mondo, una poesia visiva che unisce la scienza alla bellezza e la tecnica all’emozione. Attraverso il controllo attento di questi parametri, si è in grado di catturare non solo immagini, ma vere e proprie esperienze, capaci di raccontare storie uniche e irripetibili. Ogni fotografia, curata nei minimi dettagli, diventa un messaggio che parla di passione, di arte e di un costante desiderio di esplorare e comprendere la realtà, trasformando il semplice atto del fotografare in una forma d’arte che emoziona e ispira.

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Dalla FIE: Abbigliamento escursionismo e marcia o camminata di regolarità

Consigli pratici per abbigliamento tecnico e scarpe adatti ad Escursioni, Trekking e per la disciplina sportiva FIE “Marcia Alpina di Regolarità”: Comfort e Sicurezza in Natura

Praticare escursioni, trekking oppure la marcia o camminata di regolarità significa sostanzialmente immergersi nella natura, esplorare sentieri sconosciuti, affrontare sfide fisiche e godere dei paesaggi mozzafiato che solo l’ambiente montano può offrire. Tuttavia, per vivere questa esperienza in totale sicurezza e comfort, è fondamentale scegliere con cura l’abbigliamento tecnico e le scarpe giuste. L’abbigliamento e le calzature non sono solo una questione di stile, ma sono strumenti che permettono di affrontare al meglio le condizioni ambientali e le difficoltà del terreno, migliorando la performance e riducendo il rischio di infortuni. In questo contributo, esploreremo le caratteristiche principali dell’abbigliamento e delle scarpe ideali per praticare l’Escursionismo in tutte le sue declinazioni.

 1. L’ Abbigliamento Tecnico: cosa indossare per stare bene e sempre in comfort?

a. Giacche e giubbotti impermeabili e traspiranti

Le condizioni atmosferiche in montagna possono variare drasticamente nel corso della giornata, con piogge improvvise, vento forte e temperature che oscillano. È quindi essenziale indossare un buon giubbotto o una giacca impermeabile e traspirante. I materiali più adatti per queste giacche sono il Gore-Tex, il Paclite o il Dermizax, perchè offrono una protezione efficace contro l’acqua mantenendo una buona traspirabilità, permettendo così al sudore di evaporare. Inoltre, un buon capospalla per questo genere di attività all’aria aperta deve essere leggero, ma allo stesso tempo resistente a intemperie come la neve o la pioggia. Questi suggerimenti naturalmente valgono anche nel praticare la marcia di regolarità durante la stagione autunnale/invernale (durante le ultime prove del tradizionale campionato) oppure a inizio stagione agonistica, specie quando il tempo in questi periodi è incerto e può capitare che si disputino le prove sotto la pioggia o al freddo.

b. Strati per la termoregolazione

Una delle regole fondamentali per un’escursione o lo sport praticato in montagna è quella dei “3 strati”. Questo sistema consente di adattarsi alle variazioni di temperatura e di attività durante la camminata. Il primo strato, chiamato “strato di base“, è a contatto diretto con la pelle e deve essere in materiali sintetici (come il poliestere) o in lana merino, che garantiscono un’ottima gestione dell’umidità. Il secondo strato, lo “strato medio“, serve per trattenere il calore ed è spesso costituito da pile o materiali sintetici come il Primaloft. Infine, il terzo strato è lo “shell“, ovvero una giacca impermeabile e antivento.

c. Pantaloni

I pantaloni devono essere resistenti, traspiranti e capaci di adattarsi ai cambiamenti climatici. I modelli più adatti sono quelli con tessuti resistenti agli strappi, come il nylon o il poliestere, ma allo stesso tempo leggeri e comodi per consentire libertà di movimento. I pantaloni con cerniere sui fianchi, che consentono di trasformarsi in pantaloncini, sono molto utili per adattarsi alle temperature più calde. In caso di escursioni in ambienti freddi o montani, i pantaloni imbottiti o con una leggera fodera in pile possono essere una scelta efficace. Per quanto riguarda la marcia o camminata di regolarità, durante la stagione primaverile ed estiva si possono utilizzare i tipici pantaloni da Trail running, come ad esempio i pantaloni a 3 quarti oppure pantaloni corti anche a mezza coscia, sempre in tessuto traspirante, ma comodi per permettere di camminare senza intralci.

d. Calze tecniche

Le calze da indossare sono un altro aspetto fondamentale da considerare. Devono essere realizzate in materiali sintetici o in lana merino, che aiutano a mantenere i piedi asciutti e caldi. Le calze tecniche offrono anche un buon supporto al piede, riducendo il rischio di vesciche e migliorando il comfort durante le lunghe camminate. È importante scegliere calze senza cuciture e con una buona protezione nelle zone più sensibili come il tallone e la pianta del piede.

e. Cappelli, guanti e occhiali da sole

Un altro dettaglio importante riguarda gli accessori: il cappello deve proteggere dal sole e, se necessario, dalle intemperie. Durante la stagione autunnale e invernale i guanti, leggeri e traspiranti, sono sempre utili in caso di escursioni in montagna in ambienti freddi, mentre gli occhiali da sole con protezione UV sono essenziali per proteggere gli occhi da raggi solari riflessi sulle superfici neve o rocciose.

2. Quali scarpe per l’Escursionismo?

Le scarpe sono uno degli equipaggiamenti più importanti per qualsiasi attività all’aria aperta, e la scelta delle scarpe giuste è fondamentale per affrontare in sicurezza sentieri impervi e terreni difficili o percorsi tecnici.

Una buona scarpa da trekking deve garantire stabilità, protezione, resistenza e comfort durante tutta l’escursione.

a. Tipologia di scarpe per l’Escursionismo

Sia che venga praticato l’Escursionismo nelle sue varie forme che la marcia o camminata di regolarità, un’attenzione particolare va’ sempre riservata alla scelta delle scarpe da indossare, a seconda del tipo di terreno e dell’intensità dell’attività. 

In generale è sempre meglio orientarsi per un modello che possa offrire supporto alla caviglia, proteggendo il piede dagli urti e dai detriti.

In caso di avventura in alta montagna o nel caso di competizioni di marcia di regolarità particolarmente lunghe e impegnative (i campionati per pattuglie, ad esempio), è suggeribile orientarsi su scarponi da trekking, perché consentono di affrontare terreni accidentati, trekking con zaini pesanti, eventuale attraversamento di superfici fangose o bagnate.

b. Caratteristiche delle scarpe

Le scarpe da trekking devono possedere alcune caratteristiche fondamentali per garantire un’ottima performance.

La suola deve essere rigida, ma flessibile nella parte anteriore, per adattarsi ai movimenti del piede. Inoltre, la gomma con un buon grip (come la Vibram) aiuta a garantire aderenza su terreni bagnati e scivolosi. L’imbottitura interna è fondamentale per migliorare il comfort, evitando la formazione di vesciche. La presenza di una membrana impermeabile, come il Gore-Tex, è fondamentale per mantenere il piede asciutto in caso di pioggia o attraversamenti di torrenti. Infine la ventilazione, consentita dal mesh traspirante, nonostante l’impermeabilità, serve a evitare che il piede sudi eccessivamente.

Conclusioni

Sia che si tratti di un’escursione di un giorno, di un trekking più impegnativo o della marcia o camminata di regolarità, la scelta dell’abbigliamento tecnico e delle scarpe giuste è cruciale per vivere l’esperienza in montagna in totale sicurezza e comfort. Investire in capi e scarpe di qualità non solo migliora la performance, ma riduce anche il rischio di infortuni e aumenta il piacere di esplorare la natura. Con l’attrezzatura adatta, ogni camminata diventa un’avventura entusiasmante e sicura!

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Dalla FIE: Terra d’Otranto e Salento, un binomio inscindibile

La parte meridionale della Puglia si divide in tre zone: Murge, Tavoliere di Lecce o «piana messapica» e Serre Salentine. Alla scoperta delle ultime due zone poste a Sud Est dell’Italia, affascinato più dal passato che dal presente, mi lascio accompagnare da quegli autori antichi i quali, descrivono soprattutto ciò che hanno visto e vissuto, piuttosto che, ciò di cui sono venuti a conoscenza.

Tra questi autori, nel 1511, Antonio De Ferraris detto il Galateo e autore dell’opera De situ Japygiae, descrive la penisola più ad oriente dell’Italia nella quale ha avuto i natali ed ha vissuto gran parte della sua vita. Un’opera incentrata sull’affermazione che: la descrizione di una regione può essere adeguatamente fatta solo da chi in «ea regione diu versatus aut natus fuerit» (…).

All’opera di cui sopra è seguita Descrizione, origini e successi della Provincia di Terra d’Otranto scritta dal medico filosofo Geronimo Marciano la quale, completa ed estende l’opera del De Ferraris anche in considerazione che l’agro materano a quell’epoca apparteneva a questa Provincia.

Il territorio, l’ambiente e le rocce.

Generalmente il suolo, in questa provincia, è calcare spesso coltivato ad olivi, vigneti e, in passato, anche cotone e tabacco. Inoltre prosperava il gelso, nonostante fosse scarsa la coltura della seta.

In questa provincia prospera anche il commercio e l’industria, in considerazione dell’abbondante pesce che viene offerto dalla costa e, in passato era anche particolarmente fiorente l’industria del cotone, considerata la sua piantagione in gran quantità. Nel leccese, invece, era fiorente la coltivazione del tabacco che veniva conciato in loco presso i tanti tabacchifici. Molto importanti, inoltre, i porti di Gallipoli per il commercio di oli e quello di Taranto per il commercio di grani duri, teneri, mischi.

Tra gli scritti antichi nei quali si fa riferimento a questa provincia, segnaliamo inoltre:

  • Nuova Enciclopedia Popolare Italiana ovvero Dizionario Generale di Scienze, Lettere, Arti, Storia, Geografia ecc. ecc., Torino – Società l’Unione Tipografico-Editrice 1870
  • Telemaco, Fénélon;
  • Viaggio di Platone in Italia, Vincenzo Cuoco

In seguito all’istituzione dei giustizieri, ai tempi di Federico II, la Terra d’Otranto costituiva il settimo giustizierato.

In questo territorio, a partire dai primi anni Novanta del secolo scorso, una serie di itinerari messi a punto dall’Associazione SpeleTrekkingSalento di Lecce, oggi Speleo Trekking LiberaMente Peregrinando, ha accompagnato e continua ad accompagnare alla scoperta di angoli nascosti e paesaggi suggestivi che meritano di essere conosciuti, salvaguardati e valorizzati.

Il Delegato Territoriale FIE per la Puglia, Fernando Alemanno, invita a percorrere i sentieri lungo la nostra Regione fino a raggiungere il Salento.

[Nella immagine in alto, un’antica mappa della zona]

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Dalla FIE: Fare rete per valorizzare i territori: l’esperienza dei “Cammini e Sentieri della Calabria”

In un’epoca in cui la frammentazione delle iniziative rischia spesso di indebolire anche le migliori progettualità, l’esperienza dei “Cammini e Sentieri della Calabria” rappresenta un esempio virtuoso di sinergia e visione condivisa.

Nato dal desiderio di mettere in connessione i principali attori dell’escursionismo calabrese, il progetto ha saputo trasformare il dialogo in un processo strutturato, culminato nella firma di un Protocollo d’Intesa nel 2022, che ha ufficializzato la nascita della Rete dei Cammini e dei Sentieri di Calabria.

Questo percorso è stato guidato dal Laboratorio LOGICA dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, che si è proposto come luogo di sintesi tra mondo accademico, associazionismo e istituzioni.

Attraverso un intenso ciclo di incontri, il laboratorio ha favorito il confronto tra realtà attive nel settore del walking tourism, creando uno spazio di scambio per idee, esperienze e buone pratiche. Ne è emersa una prospettiva condivisa in grado di unire competenze scientifiche e conoscenze del territorio.

Il cuore dell’iniziativa è la convinzione che la valorizzazione dei cammini non sia solo una questione di tracciati o segnaletica, ma un progetto culturale e territoriale complesso, capace di incidere sullo sviluppo sostenibile della regione. La rete ha infatti perseguito una visione coerente con i principi dell’Agenda 2030, promuovendo forme di mobilità dolce e tutela del paesaggio come leva per lo sviluppo locale.

Questa esperienza ha avuto un’importante consacrazione nel convegno scientifico che ha preceduto la firma del protocollo, offrendo un’occasione pubblica per condividere il lavoro svolto e rafforzare il patto tra i protagonisti del territorio.

Ma il tassello finale – e fondamentale – di questo percorso è rappresentato dalla recente pubblicazione del volume “Cammini e Sentieri di Calabria. Percorsi di sviluppo territoriale”, a cura del prof. Domenico Gattuso, edito da Franco Angeli.

Il libro, strutturato in quattro parti, propone un approccio scientifico alla tematica dei cammini: dalla mobilità escursionistica sostenibile all’analisi delle componenti culturali e territoriali, fino alla descrizione dettagliata dei principali percorsi calabresi.

Tra i cammini censiti, spicca anche il Sentiero Europeo E1, un itinerario internazionale di straordinario valore simbolico e culturale, che attraversa l’Europa da Capo Nord a Capo Passero e che in Calabria percorre territori ricchi di storia, natura e identità locali. La sua presenza nella rete regionale conferma la centralità strategica della Calabria nel panorama escursionistico europeo.

In conclusione, “fare rete” non è un semplice slogan: è un processo faticoso ma indispensabile, che richiede ascolto, coordinamento e visione. L’esperienza maturata in Calabria dimostra come, attraverso il dialogo tra università, associazioni e istituzioni, sia possibile costruire percorsi di sviluppo concreti e duraturi.

Paolo Latella
Presidente CRCalabria

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La montagna nella piana